Tra sabato 27 e domenica 28 Aprile si è chiusa la terza edizione del Conformazioni, Festival della danza contemporanea. A catalizzare l’attenzione di pubblico e stampa la compagnia Abbondanza/Bertoni.
La serata di sabato 27 Aprile ha visto in scena l’attesissimo ed apprezzatissimo “Le Fumatrici di Pecore”. Trattasi di una produzione originale del duo Abbondanza/Bertoni (Michele Abbondanza e Antonella Bertoni ndr) che nel 2020 compirà 10 anni dalla sua prima.
Antonella Bertoni, danzatrice di finissima tecnica classica e spiccata espressività attoriale, e Patrizia Birolo, artista incisiva e intensa della propria “diversa abilità”, sono le protagoniste adorabili e felliniane di questo delicato gioco di specchi, condivisione e reciprocità. Due donne bambine, immerse in una fantasmagoria dolente e leggiadra, fatta di fiducia, equilibrio, scontro, dubbio e tenerezza. Nella loro compresenza sulla scena si costruisce un’interazione umana autentica, all’incessante ricerca di una nuova possibilità comunicativa ed esperienziale. Qualcosa che si esprime nell’ispirazione sempre cangiante, unica e spiazzante della Birolo. Ed è il manifestarsi plateale, finalmente puro forte e compiuto, d’un esistenza mai completamente beneficiata. Con la danza, nella sua lirica di corpo e cigno, ed il teatro, farsesco pop e cristologico, a far da metafora, narrazione e mero espediente.
“Le Fumatrici di Pecore” è uno spettacolo di vita, raro e potente, permeato d’una bellezza assoluta ed imparagonabile. Visivamente il risalire vigoroso, della china dell’interdizione e dell’esclusione, d’una cosiddetta pecora nera.
A concludere felicemente, la kermesse, nella serata di domenica, una rosa di artisti dal profilo performativo polimorfo e pregiato: sono il duo greco formato da Aris Papadopoulos e Martha Pasakopoulou e la coreografa belga Karine Ponties accompagnata dai suoi interpreti Ares D’Angelo e Guillermo Weickert Molina.
Si intitola Touching, Just il brano del duo Papadopoulos /Pasakopoulou. Coreografia di chiara funzione narrativa, in essa i due danzatori, piedi di papera e progressioni ritmiche alla stregua del comico -anche quando ampie e statuarie- si immedesimano nell’inespresso robotico di due entità fisiche, prive di personalità. Nel primo toccarsi, relazionarsi, tali semplici esseri divengono complessi. Scoprono vicendevolmente, in loro stessi una fonte innata di vitalità e sensualità. Le braccia di lui, vigorose, tirano ad un invisibile canestro, ruotano a 360° e sollevano temerariamente la ragazza. Lei disegna, capo e capelli al vento e bacino tortuoso, vortici d’erotismo. Nella relazione, i due armonizzano il respiro, ne fanno una sorta di canto personale e speciale, nel divenire di un orgasmo. Ma sarà il romanticismo ripetuto di un bacio, come una conquista insperata e d’una emancipazione dall’isolamento, a renderli finalmente umani.
Il gran finale, giunge con la coreografa Belga, Karine Ponties, e ben due sue creazioni, penetranti e taglienti.
La Fovea, che da il titolo al primo brano della Ponties, è una regione centrale della retina, di massima acutezza visiva. Il palcoscenico è infatti dominato da un grande cerchio concavo, dentro cui la luce si genera e riflette. Tale cerchio, l’occhio, esercita sul corpo esile, snodato e tonico del danzatore Ares D’Angelo, una spropositata forza aliena e incontrollabile. Il corpo del danzatore esperisce un linguaggio coreutico, atletico ed acrobatico, estremo. Egli si ribella alla forza che lo bracca, alle volte si abbandona ad essa in lenti elastici bridge. È il dominio imperante della vista sull’autocoscienza.
Benedetto Pacifico, brano storico di Karine Ponties regalato al Festival, è il lungo assolo d’un burattino senza cervello ne volontà. Un personaggio la cui intera esistenza, motilità, è stabilita da un guinzaglio che gli cinge la vita, attaccato ad una corda elastica che dall’alto lo manovra. Nell’ispirazione della coreografa uno spaventapasseri, dunque un essere inerte, attraversato da venti ed eventi (anche funesti, come il nazifascismo). Guillermo Weickert Molina, è un danzatore maturo dalla fisicità ancora attraente e vigorosa. Egli volteggia e carambola, stramazza e si estende in mezze spaccate. La liberazione dall’altrui giogo, sul finale, rapprende la catarsi in un’oscuro beffardo ed ilare sorriso di sfida per chi lo osserva.