Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi ospita The cleaner. Una grande mostra retrospettiva dedicata a Marina Abramović, “la nonna della performance”, come lei stessa si è definita, che con le sue opere ha rivoluzionato l’idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i propri limiti e le potenzialità di espressione.
Fare pulizia, liberarsi del superfluo per tenere solo l’essenziale. The Cleaner è infatti il titolo della retrospettiva con cui Marina Abramović ripercorre tutta la sua produzione personale e artistica per metterla in ordine e permetterne a tutti i visitatori che ne varcheranno la soglia di coglierne il senso.
Fino al 20 gennaio 2019 state attenti ad entrare a Palazzo Strozzi, che si è temporaneamente trasformato nella proiezione mentale dell’artista Abramović. GIà all’ingresso si capisce il tenore della mostra: la porta attraverso cui dovrete passare è Imponderabilia, una re-performance fatta di due corpi nudi che nel 1977 furono quelli di Marina stessa e del suo compagno Ulay. Da qui The Cleaner si snoda in un percorso di oltre 100 opere tra installazioni, proiezioni e, appunto re-performance.
La vita a Belgrado
Nasce il 30 novembre 1949 a Belgrado. I genitori Vojo e Danica, entrambi partigiani durante la Seconda guerra mondiale, fanno parte della dirigenza del Partito comunista del generale Tito. Marina passa i primi anni con la nonna materna, Milica, e viene profondamente influenzata dalla sua fede ortodossa. La madre controlla la sua vita in modo militaresco e severo. Non le permette di vestire come le altre, deve rispettare il coprifuoco anche in tarda età, ma in compenso le è permesso frequentare teatri e mostre, leggere e praticare qualunque forma d’arte; potè quindi iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Belgrado.
Gli inizi artistici
Presto abbandona l’arte figurativa ed inizia ad usare il proprio corpo per comunicare. Sono spesso performance cruente come la serie Rhythm. Rhythm 10 viene eseguita per la prima volta Alla GNAM di Roma nel 1973). Molte di esse sono legate all’oppressione comunista della Jugoslavia di TIto. Usa il suo corpo al posto di una tela. Il tempo della sua opera d’arte è limitato, pur dilatandosi nel corso della sua carriera. Si passa da alcuni minuti a svariati mesi, ma in ogni caso le opere ad un certo punto cessano semplicemente di esistere.
Nel suo percorso di vita, che si racchiude nella prima parte della mostra, incontra l’artista tedesco Ulay, nato anche lui il 30 novembre, con il quale intesse una sovrannaturale relazione simbiotica in cui arte e vita privata si confondo. Per anni girano l’Europa vivendo a bordo di un camioncino Citroen. Camioncino presente nel cortile interno di Palazzo Strozzi.
Negli anni Ottanta Marina e Ulay intraprendono viaggi di ricerca e studiano le pratiche di meditazione in Australia, India e Tailandia. È il periodo di Rest Energy e di una serie di performance che vede i due intenti a discernere il legame di relazione di coppia, di rapporto maschile-femminile e di fiducia nell’altro.
Sono famose le performance in cui i due con la bocca serrata l’una sull’altra e il naso tappato si scambiano il respiro fino a terminare l’ossigeno, si schiaffeggiano sempre più velocemente, si urlano contro fino ad esaurire la voce o si fissano in silenzio per ore. Caratteristica comune è il non ripetere le esibizioni se non per le telecamere, in un’unicità del gesto e del momento.
C’era un arco teso fra noi e una freccia appuntita puntata verso il mio cuore. C’erano microfoni ad amplificare i battiti del cuore, le sue accelerazioni e decelerazioni.
La fine del grande amore
Purtroppo, il sodalizio dura dal 1976 al 1988, anno in cui, con la performance The Lovers, taglieranno il cordone ombelicale che li voleva legati. Percorrono la muraglia cinese, ciascuno partendo da una delle due estremità, per poi incontrarsi tre mesi dopo in un amaro abbraccio d’addio. Non si rivedranno fino al 2010, quando durante l’intensa performance The artist is present della Abramović, al MOMA di New York, Ulay si siederà davanti all’artista che un tempo fu la sua compagna di vita e d’arte.
Il Leone d’Oro Alla Biennale di Venezia
Nonostante tutto, la Abramović non si arresta, anzi, è invitata a rappresentare il Montenegro nel padiglione Jugoslavo alla biennale di Venezia del 1997. Ma viene criticata dal neo Ministro della Cultura che non credeva nell’opera. Marina chiede al curatore della mostra che le venga assegnato uno spazio non soggetto ad alcun criterio nazionale.
Allestisce Balkan Baroque, una pesante ed estrema critica alla tremenda guerra che stava impazzando nei Balcani, la cui opera centrale è costituita da 1500 ossa di mucca accatastate in decomposizione che la stessa artista tenta per 4 giorni di ripulire dalla carne e dal sangue. L’attualità e l’evocazione che suscita la performance le vale il Leone D’Oro.
Il dolore, la perdita, il dialogo con la morte, la forza di volontà della mente sono i temi fondamentali su cui ruota il suo pensiero. Così come l’interazione col pubblico a cui viene chiesto sempre più di essere partecipe, di vivere l’opera , di modificarla. Il dialogo col pubblico è per lei fondamentale.
The Cleaner trova una sua fondamentale caratteristica nelle re-performance, che si alterneranno ogni giorno all’interno dell’esposizione, rendendo Palazzo Strozzi, uno spazio vivo e in costante trasformazione (verificate sul sito i giorni in cui si alternano le performance), con Imponderabilia, Cleaning the Mirror e Luminosity negli spazi del Piano Nobile e con The Freeing Series (Memory, Voice, Body) nella Strozzina (la cantina di Palazzo Strozzi).
Infine, vi invitiamo a sedervi al tavolo della re-performance The artist is present. Lo stesso dove Ulay e Marina si rincontrarono 22 anni dopo l’abbraccio sulla muraglia cinese, e di fissare uno sconosciuto per qualche minuto o per qualche ora, come preferite, per capire qualcosa in più su cosa sia “l’altro”. Fissandolo attentamente scorgerete delle tracce del vostro stesso IO, come in uno strano specchio metafisico, un indizio dell’esistenza di un inconscio collettivo.
Non vi illudete di esaurire il percorso di The Cleaner nelle due ore canoniche che si dedicano a una mostra. Tra i vari padiglioni il tempo perde di significato, mentre ci si addentra nell’universo Abramović. Ogni visione diventa spiazzante e ne vorrete capire l’essenza. Insomma, non si ha più voglia di uscirne, a patto di entrare in risonanza col suo pensiero.
TITOLO: Marina Abramović. The Cleaner
LUOGO: Piazza degli Strozzi, 50123 Firenze FI
ORGANIZZATA DA: Fondazione Palazzo Strozzi
A CURA DI: Arturo Galansino, Fondazione Palazzo Strozzi, Lena Essling, Moderna Museet, con Tine Colstrup, Louisiana Museum of Modern Art, e Susanne Kleine, Bundeskunsthalle Bonn
ORARIO MOSTRA
Tutti i giorni inclusi i festivi 10.00-20.00
Giovedì: 10.00-23.00