Riaffiora da un oblio lungo tre mesi, leggiadra ma pronta a esplodere: è la danza, che torna in scena presso il teatro arena di Verdura con Ripar-Tänze.
La danza torna protagonista a Palermo. A darle concreto sfogo il teatro Massimo con Ripar-Tänze neonata – creazione coreografica a firma di Davide Bombana neo designato direttore del corpo di ballo. A superbo suggello e buon auspicio della serata, due eccelse coppie di danzatori scaligeri per un’emozionate gala di pas de deux.
È triste il recente passato, a rimembrare quanto è trascorso, lo sgomento attanaglia e non si riesce a comprenderlo ed elaborarlo del tutto. È necessaria una risposta che, sotto una nuova luce, riapra e ri-progetti con nuovi consapevoli assunti quanto dalla pandemia è stato sedato. Ripar-Tänze, il nuovo lavoro coreografico del neo direttore del balletto massimino Davide Bombana, si muove deciso verso tale sotteso intento.
Nel titolo, un gioco fonico italo-tedesco, che di per sè costruisce una narrazione. Ripar, radice della parola ripartenza (quella, auspicata e desiderata, sociale ed economica) nonché del verbo riparare (qualcosa che sembra frantumato, irrimediabilmente). Tänze, ovvero le danze. Ripartire, dunque, dalle danze; ripararne i pezzi più sacrificati, i danzatori. Una necessità che si fa esortazione per il maestro Bombana.
Fulcro ispiratore di questo suo primo lavoro, al timone del corpo di ballo panormita, una poesia di Rainer Maria Rilke, la Pantera.
Suggestione che avvince il coreografo la figura del danzatore, abituato alla libertà dei grandi spazi prova e all’ebrezza delle ribalte illuminate, che all’improvviso si ritrova prigioniero della propria abitazione. Come una pantera nera nella più abietta delle cattività che, con passo flessuoso e forte, scorre con lo sguardo un continuo di sbarre. Così, metaforicamente, in scena nella voce solenne dell’attore Marco Pierin e nel corpo schiacciato, accartocciato del danzatore Michele Morelli.
E poi la danza a sgorgare in piena, da questo feroce incantesimo del fisico con un grand ensemble dalle tonalità apocalittiche, il dinamismo sfrenato ed i vagheggiamenti d’un lirismo quasi commovente. Un’evasione, o meglio un suo tentativo, sul divenire tumultuoso della Grande Fuga op. 133 di Ludving van Beethoven.
Il linguaggio coreografico appare corposo, pervaso da grand sautè en tournant e da sorprendenti composite ampissime legazioni in sissonne ed ecchappé. Le fila dei danzatori in scacchiera perpetrano, perfetti, il distanziamento che è poi quello della nostra quotidianità, pur intersecandosi e agognandosi, spesso.
La solitudine degli artisti appare ineluttabile. Non vi è un solo tocco tra i corpi ma questi, come finalmente risvegliati e mossi a nuovo slancio vitale, si muovo sincronici pur nel tremore di braccia e mani, scambiandosi, taumaturghi vicendevoli, espressività e forme.
Il corpo di ballo in scena per Ripar-Tänze, causa regole anti-covid19, non è al completo. I danzatori esecutori in questa produzione sono in numero ridotto (benché dal teatro giungano giubilanti notizie di fresche stabilizzazioni tra i ballerini). L’effetto prodotto però è esplosivo, è una danza che turba, trascina, comunica diretta e risoluta. Adempie al suo compito di riportare i tersicorei in scena.
Nella prima parte dello spettacolo, si lascia godere l’imperitura bellezza d’un gala di balletto incentrata su pas de deux d’alta scuola e finissimo cesello. Protagonisti assoluti e graditi ospiti i primi ballerini scaligeri, compagni nell’arte e nella vita privata: Martina Arduino e Marco Agostino, Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko.
Ad aprire la serata la celebre leggiadria celestiale dal Romeo e Giulietta, nella scena del balcone, per la coreografia Sir Kenneth McMillan. Vi si immedesimano, Martina Arduino e Marco Agostino, con l’eterea reciproca delicatezza delle loro fisicità setose e slanciate. L’atmosfera che i due artisti riescono ad irradiare, nel corso della danza, e quanto di più arioso e lunare si possa desiderare da questo pas de deux.
Nel finale, Giulietta invece di fuggire via, fuori dalla quinta, si ricongiunge in centro scena al suo Romeo, che la attende in ginocchio, intrecciando al di lui braccio sinistro steso verso il cielo il suo flessuoso braccio destro. In un epoca di distanziamento sociale, i due amanti di Verona eludono per una volta il loro triste epilogo, fondendosi in un abbraccio e regalando speranza e un sospiro di sollievo. Risalta la sintonia amorosa di questa bella coppia d’artisti.
Cammeo d’incisione neoclassica, in linee contingenti, concave, vertiginose ed infinite d’arabesque, devéloppé e spaccate laterali, il pas de deux dal Caravaggio di Mauro Bigonzetti. Protagonisti di tale pezzo, dal rarefatto ambrato erotismo, Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni. I due scaligeri sono danzatori eccelsi dalla fisicità statuaria, bilanciata su una plasticità elastica quanto mai musicale. Il lituano, Andrijashenko spicca, finanche sulla Manni, per il suo volto roseo da bimbo serafico.
Intarsio astratto di tecnica ed accademismo, tra ardite spirali in attitude e disegnate simmetriche sequenze in diagonale, la Variazione n.25 del coreografo Heinz Spoerli, per l’esecuzione ancora della Arduino ed Agostino. Tra i pezzi proposti in scaletta questo può dirsi il coreograficamente meno coinvolgente, a tratti piuttosto noioso. Ottimo, a onor del vero per coloro che, binocolo alla mano, prediligono soffermarsi ad ammirare la minuziosa, morbida e sapientissima tecnica di punta della Arduino.
A tagliare di netto questo aulico programma di stelle classiche, il duetto tutto al maschile firmato da Davide Bombana, Cantus (in memory of Britten) su musica del compositore contemporaneo Arvo Pärt.
In scena Alessandro Cascioli ed Emilio Barone, come ombre riflesse su uno stesso specchio lucido e oblungo, che incrina i movimenti, li contorce, rivelando profondità psichiche e caratteriali irrequiete e tortuose. Drammaturgia che si fonde, nell’accrescersi ritmico della danza, sui corpi agili, nervosi e opposti dei due artisti: il Cascioli selvaggio, esplosivo, incontenibile; Barone minimale, glaciale, controllato. Danza contemporanea, di puro ingegno, priva di finimenti, retorici spesso superflui.
La danza che ritorna in scena è il segnale inequivocabile e squillante d’una ormai sempre più possibile rinascita dell’umanità. Ripar-Tänze nasce nel solco della concerta riscoperta dell’unico elemento terreno in grado di elevarci, salvarci, il fulgore dell’arte.
Fotografie di Rosellina Garbo.