Villino Florio, sito in viale Regina Margherita a Palermo, riapre al pubblico. Dal 16 gennaio al 31 dicembre 2016, sarà visitabile dal martedì al sabato, dalle 9.00 alle 13.00, chiuso il lunedì e la prima domenica del mese dalle 9.00 alle 13.00.
Basile sta a Palermo come Gaudì sta a Barcellona.
Il genio del maestro del liberty di casa nostra ha infatti partorito alcuni veri capolavori. Uno di questi è sicuramente il villino Florio all’Olivuzza.
Questi, commissionato dalla potente famiglia di imprenditori nel 1899, è una delle espressioni più felici del Liberty a Palermo.
E’ un autentico gioiello di architettura, immerso nel verde e delimitato da un opulente cancello in ferro battuto ed accolse i migliori esponenti del mondo culturale, economico e nobiliare dell’epoca.
L’occasione per parlarne è duplice. Conclusi dopo dieci anni i lavori di recupero della villa ,che fu distrutta da un devastante incendio doloso negli anni sessanta, il restauro del giardino è stato l’ultimo tassello del lavoro condotto da Soprintendenza, dal Centro del restauro e dal Centro di progettazione dell’assessorato regionale ai Beni culturali.
Il primo motivo per cui la villa è tornata agli albori della cronaca è proprio la presentazione al pubblico del giardino “restaurato”il 29 Dicembre.
Il secondo è lo stesso: in un’ottica di analisi critica, con conseguenti (immancabili) polemiche.
L’intervento, costato circa 130 mila euro, ha applicato una metodologia “filologica”. Si è cercato, in sostanza, di riadottare la scelta dei materiali e la tipologia di lavorazione seguite da Basile e dai suoi collaboratori.
L’abbattimento di alcuni alberi (uno di grosso fusto) ha scatenato molte critiche , alle quali ha risposto la stessa progettista , la dirigente dell’assessorato regionale Beni culturali e identità siciliana Marilù Miranda.
La progettista ha precisato che ,con il censimento delle specie presenti nel giardino, sono state individuate le piante originarie, che sono state mantenute. Sono state invece eliminate le altre e soprattutto quelle infestanti.
Sicuramente questo caso di restauro filologico, ci rimanda all’argomento ampiamente dibattuto, anche in questa sede, sulla ricostruzione filologica di Villa Deliella.
Chi scrive è del parere che ,mentre l’operazione simbolica di Villa Deliella ha a che fare con la ricerca, la valorizzazione del patrimonio intellettuale e si pone quindi al di fuori delle “solite” logiche, nel caso del Villino Florio ci si potesse indirizzare ad un intervento compiuto secondo le tradizionali, accademiche, teorie del restauro, ed in questa ottica è assolutamente da comprendere lo sgomento destato negli avventori per l’abolizione di una grande aiuola ricca di alta vegetazione, in quanto storicizzata ed adeguatasi ad un mutato contesto urbano.
Mentre il vuoto, un posteggio con autolavaggio è poco più (poco meno, come valore assoluto) di un vuoto, non può storicizzarsi. Quello strappo chiede di essere ricucito.
Non si sa ancora quale destinazione avrà il Villino Florio, ma una cosa è sicura: la città ha recuperato un tesoro; la stessa città dovrebbe imparare che spesso l’occasione mancata è ancora peggio di una realizzazione con qualche pecca.