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Vengo anch’io: la recensione di Verve

Ancora un ardito passaggio dalla comicità televisiva al cinema. Vengo anch’io, tutto sommato, è un prodotto onesto, ma un po’ “tirato via”.

Italia, 2018  di Nuzzo & Di Biase con Corrado Nuzzo, Maria Di Biase, Gabriele Dentoni, Cristel Caccetta, Francesco Paolantoni, Alessandro Haber, Bob Messini, Aldo Baglio

Ai tanti cabarettisti che si giocano coraggiosamente – e talvolta con scarsa oculatezza – la carta del cinema (traslando con difficoltà i tempi della loro comicità e inserendola in una trama funzionale) si aggiungono Corrado Nuzzo e Maria Di Biase (che il cinema l’ha bazzicato un po’ più spesso), consacratisi in tv grazie soprattutto a Zelig e alla Gialappa’s, il cui componente Giorgio Gherarducci li ha aiutati – insieme a un inatteso Edoardo De Angelis – a stendere la sceneggiatura del loro film d’esordio (quantomeno da registi).

La coppia, artistica e di fatto, logicamente attinge al suo repertorio. Un neo-disoccupato pieno di nevrosi (e di medicine), dichiaratamente intenzionato a farla finita, si ritrova in macchina un suo caso (faceva l’assistente sociale), ovvero un ragazzo con la sindrome di Asperger (Gabriele Dentoni, assai simile al Davide Giordano lanciato da Albanese), subito prima di andare a prelevare una sconosciuta signora appena scarcerata alla quale ha accordato un passaggio (tramite social) dalla Lombardia alla Puglia (via Pescara), dove vive la figlia (non più) atleta (Cristel Caccetta) dell’ex-galeotta.

Un road movie derivativo, dunque, irto di partecipazioni speciali (quella di Paolantoni, benché trascinata, è la migliore), dagli sviluppi tutto sommato “carini” (l’obiettivo è rivedere il concetto di famiglia) ma a ben guardare girato alquanto frettolosamente. Risultano simpatici soprattutto lenzuola e striscioni che punteggiano la narrazione. Vabbè, è un debutto…

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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