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Recensione: Un Natale al Sud

Italia, 2016  di Federico Marsicano con Massimo Boldi, Biagio Izzo, Anna Tatangelo, Debora Villa, Barbara Tabita, Enzo Salvi, Paolo Conticini, Loredana De Nardis

Consueto antipasto (indigesto) di Natale – sebbene qui  i riferimenti alle festività invernali si debbano cercare con il lanternino – targato Massimo Boldi (per la quarta volta in divisa da carabiniere) & Gianluca Bomprezzi, divenuto suo sceneggiatore di fiducia. Alla regia non ci sono né Paolo Costella né Claudio Risi, bensì il neo-promosso Marsicano, già responsabile delle seconde unità e dei casting per le precedenti commedie della “premiata ditta” (che continua ad avere il suo pubblico). Anche sul set si potrebbe parlare di “compagnia stabile”: la moglie dello scombiccherato protagonista è ancora la Villa, come loro controparte meridionale ritroviamo, in uno stanco contrasto, il team Izzo/Tabita e ritornano pure i più discontinui Salvi (a cui spettano due momenti che entreranno di diritto negli annali del trash) e Conticini. Al centro, in teoria, ci sarebbero Riccardo Dose e Simone Paciello, rampolli delle due coppie (le quali non mancheranno, in buona fede, di disturbarli) innamorati a distanza (tramite app per cuori solitari) rispettivamente di Giulia Penna e Ludovica Bizzaglia. Non a caso nella vita sono tutti perlopiù YouTubers: spunta una blanda critica ai rapporti virtuali, e all’inizio i comici mostrano un’insolita misura. Ma è un’illusione: il film è votato a sbracare, fra scene palesemente ridoppiate (fuori sincrono), alla faccia dell’improvvisazione, tristi omaggi a Ieri, oggi, domani e 9 settimane ½ e l’esordio della zelante Tatangelo (a riproporre Amore a prima svista), che alla fine non può che cantare.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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