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Recensione The Divergent Series: Allegiant

Recensione The Divergent Series Allegiant in esclusiva per i lettori di Verve a cura del nostro critico cinematografico Raxam.

id., USA, 2016  di Robert Schwentke con Shailene Woodley, Theo James, Zoë Kravitz, Ansel Elgort, Miles Teller, Naomi Watts, Jeff Daniels, Octavia Spencer

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Dove eravamo? Alla fine del secondo episodio cinematografico della saga scritta da Veronica Roth – le cui premesse erano intriganti ma che sta sviluppandosi in maniera analoga ad altri prodotti del genere, Hunger Games e Maze Runner in testa – l’Esclusa Evelyn (Watts), madre sconosciuta di Quattro (James), aveva preso il potere nella disastrata Chicago di un prossimo e poco incoraggiante futuro. Adesso dalla città murata e di nuovo tristemente mal governata fuggono – in quella che risulta essere la sequenza più avvincente del film, non per nulla immortalata dal manifesto – il figlio della neo-dittatrice, la sempre più disorientata Tris (Woodley, ormai mortificata nel proprio potenziale), il suo ingenuamente scorretto fratellino Caleb (Elgort), la grintosa Christina (Kravitz), Peter con la sua faccia da schiaffi (Teller), il quale non sa cosa sia un aeroporto ma pare conoscere il significato della parola “dattilografo”, e l’abile Tori (Maggie Q). Seguono peregrinazioni desertiche (con tanto di piogge acide), l’apparentemente salvifico incontro con gli operatori di un dipartimento sanitario tanto isolato quanto ambiguo nel modus operandi (dettato da un menzognero Jeff Daniels) e la corsa contro il tempo per fermare la propagazione di un gas inerte (per davvero!) atto a cancellare i ricordi di chi lo respira Poche le buone idee (per esempio i mini-droni comandati virtualmente); una certa, paradossale staticità connota ciò che rimane. Vediamo se l’anno prossimo Ascendant, seconda parte dell’ultimo libro, risolleva la situazione.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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