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Terapia di coppia per amanti – la recensione di Verve

Una commedia sui problemi di relazione di due adulteri, con buoni interpreti e idee limitate. Nel ruolo dello psicologo un problematico Sergio Rubini. Abbiamo visto e recensito per voi ” Terapia di coppia per amanti”

Italia, 2017  di Alessio Maria Federici con Ambra Angiolini, Pietro Sermonti, Sergio Rubini, Franco Branciaroli, Anna Ferzetti, Anita Kravos, Filippo Gili, Fulvio Falzarano

terapia di coppia per amantiDallo scrittore (e co-sceneggiatore) Diego De Silva proviene una commedia dallo spunto graziosamente paradossale.

La nervosa organizzatrice di catering Viviana e l’indolente musicista Modesto (Angiolini e Sermonti in divertito affiatamento, benché quest’ultimo si faccia notare maggiormente) sono sposati con Paolo (Gili) ed Elena (Kravos). L’ombra delle loro unioni annoiate sta per estendersi sul loro non più così rigenerante rapporto clandestino, così la donna propone (anzi impone) un anticonvenzionale percorso terapeutico presso il quotato professor Malavolta (Rubini), la cui pacatezza cela la non meno tormentata relazione con Nina (Eugenia Costantini, purtroppo presente in una sola scena).

Malgrado l’entourage di buon livello – primeggia Branciaroli, padre del protagonista, contrabbassista orgogliosamente farfallone, ma non dimentichiamo gli stressati colleghi di lei (Ferzetti) e dello psicologo (Falzarano) né l’amichevole proprietario del pub Antonio Pennarella e i cantanti/”commentatori” della narrazione, ovvero i Daiana Lou e, addirittura, Alan Sorrenti (i tempi di Figlio delle stelle di Vanzina sono lontanissimi…) – il problema nei film di Federici continua a essere proprio il suo stile registico, che non riesce a coinvolgere né a sfruttare a dovere le situazioni ironiche.

Si salvano soltanto le sedute presso il dottore, dotate di dialoghi sufficientemente credibili e, in proporzione, circostanziati, mediamente interessanti per sviscerare universali dinamiche di coppia. Per il resto, un po’ troppa faciloneria.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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