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Recensione: Sonic – Il film

Confezione non particolarmente originale per Sonic – Il film, commedia avventurosa di matrice videoludica per ragazzi. Però c’è un Jim Carrey che pare d’annata…

Sonic the Hedgehog, USA/Giappone/Canada, 2020  di Jeff Fowler con James Marsden, Jim Carrey, Tika Sumpter, Lee Majdoub, Adam Pally, Natasha Rothwell, Neal McDonough, Frank C. Turner

L’adattamento per lo schermo d’uno storico videogame SEGA è la riprova che a Hollywood c’è crisi d’idee, e non da ora. Essendo il protagonista un riccio blu semi-alieno più veloce della luce, inevitabile il ricorso alla CGI per dargli forma, e dato che i fans del personaggio hanno storto il naso nel vederlo digitalizzato nelle immagini promozionali, i tempi di post-produzione si sono allungati per rielaborarne il look (nel cinema succede e succederà ancora). Ora Sonic nel film di Jeff Fowler rivolto soprattutto ai giovanissimi (che forse lo conoscono poco) ha occhi più grandi, ma conserva la voglia di divertirsi d’un ragazzino.

Finito sulla Terra per sfuggire a coloro che volevano i suoi incredibili poteri, lo scattante animale antropomorfo vive nascosto e malinconico nella cittadina di Green Hill, affezionato – fra tutte le persone che spia per noia – a un onesto sceriffo, Tom (James Marsden), e a sua moglie Maddie (Tika Sumpter). Sarà soprattutto il tutore della legge a proteggere la sfuggente creatura dalle mire d’un inarrestabile scienziato governativo, Robotnik. Costui ha i tratti di un Jim Carrey in piena forma, smorfioso e snodato quasi come un quarto di secolo fa.

È l’asso nella manica d’un prodotto che punta – oltre che a serializzarsi – a strabiliare fra varie incongruenze (Sonic non è rapido abbastanza per tornare indietro o schivare frecce tranquillanti? Perché il flash nella foto scattata nel rallentamento “alla Quicksilver”?); comunque inferiore nei contenuti a operazioni consimili (Detective Pikachu).

 

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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