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Recensione: Smallfoot – Il mio amico delle nevi

Uno yeti che sconosce l’uomo e un cronista scorretto sono i protagonisti di Smallfoot – Il mio amico delle nevi. Un cartone animato che invita a interrogarsi.

Smallfoot, USA, 2018  di Karey Kirkpatrick. Animazione

Mica esistono solo Disney e Pixar (o DreamWorks)! Il pedigree di Migo, il bigfoot al centro di quest’avventura (che si pone domande sulle indiscusse usanze del suo irraggiungibile villaggio e sui leggendari esseri dai piedi piccoli – gli uomini – finché non incontra il giornalista arrivista Percy) è quantomeno interessante.

Proveniente dal libro Yeti Tracks dell’esperto animatore Sergio Pablos (fra i finanziatori), il film è diretto da uno dei co-registi de La gang del bosco (cimentatosi con il live action in Immagina che), Karey Kirkpatrick (coadiuvato da Jason Reisig); in produzione ecco Nicholas Stoller (Cicogne in missione), Phil Lord & Christopher Miller (Piovono polpette, The Lego Movie), John Requa & Glenn Ficarra (qui pure soggettisti), cioè alcuni fra gli alfieri della nuova commedia USA.

Il che di per sé potrebbe non significare nulla (o persino tradursi in un affollato disastro), tuttavia l’accuratezza della trama e gli ammicchi a classici come Il re leone o a gags visive da tempi d’oro della Warner (che per l’appunto distribuisce), oltre a garantire le risate dei bimbi, rivelano che lo scopo è servire un’opera non superficiale (e nemmeno rivoluzionaria) ma attuale, nel rispetto della tradizione.

Si parla di pregiudizi, di dogmatismi imposti, di incomunicabilità (vedi i versi che percepiscono la bestia e l’umano). I caratteri sono simpaticamente differenziati e le cadute di tono quasi inesistenti. Cast vocale statunitense importante; carino il riassunto/continuazione sugli end credits. E funzionava già il teaser

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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