Home / CULTURA / CINEMA / Recensione: Shark – Il primo squalo

Recensione: Shark – Il primo squalo

Film da intrattenimento spensierato (e limitato), Shark – Il primo squalo pare cucito addosso all’inflessibile action man Statham. Con tre belle comprimarie.

The Meg, USA/Cina, 2018  di Jon Turteltaub con Jason Statham, Li Bingbing, Winston Chao, Rainn Wilson, Cliff Curtis, Ruby Rose, Jessica McNamee, Robert Taylor  

Per la felicità di Spielberg (e al netto di certe rozzezze da straight to video), gli squali al cinema praticamente non passano mai di moda, e l’estate per i distributori è il periodo più propizio per fare affiorare nuovamente le loro pinne dall’acqua (basti pensare ai recenti Shark e Paradise Beach).

Qui abbiamo un pescione preistorico, il megalodonte (il Meg del titolo originale), emerso da sotto la Fossa delle Marianne. Tiene in scacco un piccolo sommergibile, poi minaccia un’avveniristica base subacquea, infine – come vuole tradizione – s’avventa sui bagnanti, non prima d’aver inflitto ingenti perdite fra i nostri eroi (però, se dobbiamo dirla tutta, è lentissimo!).

Fra loro militano un esperto in salvataggi di profondità (Statham, nel suo elemento), ritiratosi in Thailandia dopo un’operazione conclusasi parzialmente male (benché non lo sapesse, fu già il bestione di cui sopra a rovinargli la reputazione; qui lo smuove il coinvolgimento dell’ex-moglie McNamee) e la volitiva figlia (Li, già stupenda interprete de Il ventaglio segreto) del coordinatore di un progetto (Chao). Completano il quadro uno stimato collega del protagonista (Curtis), una valente tecnica (Rose), un contrariato medico (Taylor), un tronfio finanziatore (Wilson) e collaboratori più o meno fortunati.

Tutto sommato è un simpatico popcorn movie da serie che ricorda Leviathan, impreziosito da un bel côté femminile, con il mestierante Turteltaub (Il mistero dei templari, Last Vegas) che, nel nome della co-produzione, mantiene un occhio al mercato cinese.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*