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Recensione: Se son rose…

Dopo il deludente lavoro di tre anni fa, Leonardo Pieraccioni non poteva che migliorare. Se son rose… è meno dispersivo, adatto a una serata senza pretese.

Italia, 2018  di Leonardo Pieraccioni con Leonardo Pieraccioni, Claudia Pandolfi, Mariasole Pollio, Elena Cucci, Gabriella Pession, Michela Andreozzi, Caterina Murino, Antonia Truppo

Per la prima volta Pieraccioni arriva al cinema (in periodo rigorosamente natalizio) a tre anni di distanza (anziché due) dal suo precedente lavoro. Che, lo ricordiamo, era il disastroso Il professor Cenerentolo, quindi una pausa prolungata era consigliabile (e d’altronde, fare peggio non si poteva…), sì da rispolverare il gusto per le storie sentimentali infiocchettate e per i personaggi dai mestieri curiosi, nonché, in generale, per scrivere (con Filippo Bologna) con più cura e garbo. Nella comunque schematica fattispecie (con puntini facoltativi nel titolo) il nostro, un po’ appesantito, è un giornalista specializzato in informatica; più precisamente, testa e recensisce APP, che spaziano dalla ristorazione di stampo ecclesiastico alla reperibilità delle squillo (alle cadute di tono Leonardo non riesce mai a rinunciare…).

Dopo varie relazioni fallite, frequenta una ricca e ingenua ragazza (una maltrattata Cucci). Stanca della sua instabilità, la figlia quindicenne (Pollio) lo sfida inviando a tutte le sue ex un sms riconciliatorio, per vedere che succede. Una buona parte delle fidanzate deluse risponde, e pure colei che fu sua moglie (Pandolfi); ciascun incontro assume una propria sfumatura (arditamente malinconica con la svanita Andreozzi).

Nel cast anche la sprecata Nunzia Schiano, Sergio Pierattini e Gianluca Guidi, che pare divertirsi, con camei di Vincenzo Salemme e Alessandro Paci. Insomma, il comico toscano prova ad alzare il livello e a buttarsi (con il paracadute), però, a guardarlo, ’un c’ha più tanta voglia

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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