Guillermo del Toro produce un horror con dei numeri. Diretto da Øvredal, Scary Stories to Tell in the Dark dà una rinfrescata all’horror moderno.
id., USA/Canada, 2019 – di André Øvredal con Zoe Colletti, Michael Garza, Gabriel Rush, Austin Zajur, Natalie Ganzhorn, Dean Norris, Austin Abrams, Gil Bellows
Uscito in contemporanea con un altro “divertito” horror, Finché morte non ci separi (intelligente ma rovinato dal finale), il nuovo film sapidamente adattato (con i fratelli Dan e Kevin Hageman) e prodotto da Guillermo del Toro (ma firmato dal regista del non infame Autopsy), pur condividendo con esso una notevole, sconsolata valenza politica (in entrambi si parla di diffidenza verso l’altro, per esempio), gli è superiore di misura. Anzitutto perché può vantare una strutturata matrice letteraria (la trilogia di libri del terrore – dal meraviglioso titolo programmatico – di Alvin Schwartz, a destinazione adoloscenziale), e poi per la modaiola, quasi usurata ambientazione nel mitico 1968 (Vietnam e Nixon sullo sfondo), ad Halloween, all’interno di una cittadina della Pennsylvania.
È qui che un’intraprendente ragazza, Stella (la graziosa Zoe Colletti), coinvolgendo i poco convinti Auggie (Gabriel Rush) e Chuck (Austin Zajur), più – incidentalmente – la sorella di quest’ultimo Ruth (Natalie Ganzhorn) e il nuovo amico d’origine messicana Ramón (Michael Garza), indaga su una faccenda vecchia di decenni, la morte della reclusa e infelice Sarah, i cui racconti scritti con il sangue in un insopprimibile libro materializzano le paure di ciascuno dei giovani personaggi.
Tra una strizzata d’occhio ai sorpassati Nightmare e una a It (e alla produzione di King in genere), si scorge stile da vendere; dovendo scegliere una sequenza, quella con Chuck smarrito e “assediato” nei corridoi dell’ospedale è fantastica. Ci sarà una continuazione?