Sconvolgente carosello di violenza kitschig, Revenge racconta la reazione di una ragazza brutalizzata. In un contesto ricercatamente sopra le righe.
id., Francia/Belgio, 2018 – di Coralie Fargeat con Matilda Lutz, Kevin Janssens, Vincent Colombe, Guillaume Bouchède, Jean-Louis Tribe
Solo quattro attori in scena, senza contare ovviamente quelli che si intravedono in tv (un quinto appare solo all’inizio), una fotografia dai colori squillanti (perfino – di proposito – fastidiosamente, in qualche tratto) a cura di Robrecht Heyvaert, scenografie essenziali, tra il lusso e il paesaggio desertico, una regista/sceneggiatrice esordiente, Coralie Fargeat, che attinge da immaginari anche beceri già brutalmente delineati da colleghi maschi (da Sam Peckinpah a Russ Meyer) ma che rielabora, personalizza con acume, dopo aver (di)mostrato le rozze psicologie degli uomini, facendoci “diventare” la protagonista.
Che è una ragazza legittimamente – è importante – esuberante (con le curve dell’insospettabile Matilda Lutz, vista ne L’estate addosso e The Ring 3), decisa a seguire il tronfio fidanzato cacciatore (Kevin Janssens) nella sua enorme e isolata villa. L’arrivo anticipato di altri due bracconieri (Vincent Colombe, impressionante emulo di Eli Wallach, e Guillaume Bouchède) fa precipitare gli eventi: la giovane subisce una violenza che il boyfriend insabbierebbe volentieri. Finisce male. O almeno così sembra, perché la vittima si riprende. Più che vendicarsi, come suggerisce il titolo, sfugge e si difende. Poi sì, ormai trasfigurata (basterebbe annotare che da “bionda fragola” si muta in “bruna fango”), passa al contrattacco.
Eccessivo come un cruento fumetto, improbabile (così o niente) però stilisticamente coerente. Non adatto a tutti, comunque. Da non confondere con l’omonimo film di Tony Scott del 1990.