id., USA, 2015 – di Ericson Core con Édgar Ramírez, Luke Bracey, Teresa Palmer, Delroy Lindo, Ray Winstone, Matias Varela, Clemens Schick, Max Thieriot
Rifare un action movie di 25 anni fa che tanto successo riscosse all’uscita e che, nel tempo, è cresciuto pure nell’opinione della critica, quando ci si è accorti del valore della regista Bigelow? E perché? In realtà lo sappiamo: a Hollywood sono da parecchio a corto d’idee, e oggi una scena spettacolare, oltre che con l’onesto e mai abbastanza tutelato ausilio degli stuntmen, si perfeziona subito grazie al computer, viepiù necessario se c’è di mezzo il 3D. Già, ma a che pro? Tranne che non si metta di mezzo un altro autore accreditato (e neanche è una garanzia, vedi i non eccezionali apporti di Herzog o Spike Lee in recenti operazioni simili), il remake risulterà, quasi sempre e pressoché per definizione, inferiore all’originale. Ma i miti, si sa, vanno aggiornati (ulteriore abitudine consolidata), e le giovani platee avvezze ai coheniani xXx e Fast and Furious devono conoscere determinati pilastri del cinema. Per carità, se un tale giocattolone serve a far rispolverare ai ragazzi le imprese sul filo (anzi, su vari fili) di Swayze e Reeves, bene; per il resto, tra rapine e inseguimenti mozzafiato, cadute da grandi altezze e sfide a onde giganti, senza uno script forte – che includa, come nel prototipo, confini morali e dubbi profondi – spunta addirittura la noia. Sì, il nuovo Bodhi (un Ramírez che funziona meglio nel coevo Joy) e la sua banda hanno un obiettivo “spirituale”, ed è ancor ciò che intriga l’agente dell’FBI in prova Utah (Bracey), ex-divo del web di sport estremi infiltratosi fra loro per indagare. E dopodiché?