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Obbligo o verità: un horror giovanile in stile eighties

Horror pensato per platee di adolescenti, Obbligo o verità, al di là di qualche passaggio, non esce dal seminato del genere. Anzi, si rifà agli eighties.

Truth or Dare, USA, 2018  di Jeff Wadlow con Lucy Hale, Tyler Posey, Violett Beane, Sophia Taylor Ali, Hayden Szeto, Nolan Gerard Funk, Sam Lerner, Landon Liboiron

A tredici anni dal non così spaventoso – però discretamente costruito – Nickname: Enigmista, Wadlow (Never Back Down – Mai arrendersi, Kick-Ass 2) si ri-misura con l’horror giovanile.

Memore degli irrecuperabili (per spirito e godibilità) tempi di Nightmare (ma aleggia pure Final Destination), il regista inquadra il classico gruppetto di amici (il macho e la sua inaffidabile bella, il dealer accoppiato a una quasi-alcolista, l’omosessuale inibito dal padre poliziotto, ai quali si aggiunge un invadente nerd) in vacanza in Messico, malgrado le resistenze dell’imprenditrice in erba Olivia (Lucy Hale), coinvolta all’ultimo momento.

Finiti con uno sconosciuto coetaneo in un luogo sinistro a sfidarsi al popolare e perfido gioco del titolo (che, come si sa, può avvicinare ma anche compromettere i legami), i ragazzi, una volta di ritorno, si ritrovano costretti, a causa di un demone, a proseguire la partita seguendo un turno preciso; rifiutare una penitenza o mentire equivale a morire efferatamente. Se ne può uscire? Per prima cosa bisogna rintracciare l’intruso (Landon Liboiron) che convinse la combriccola a iniziare…

Suicidi fantasiosi, lo spirito che entra in chiunque sia nei paraggi e gli fa assumere un ghigno e uno sguardo che sembrano derivare dai cartoons giapponesi (in particolare, l’inquietante episodio Epidemia di Jeeg Robot d’Acciaio), corse contro il tempo, livello recitativo diseguale… In parole povere, niente di nuovo sotto il sole, benché si gettino le più sfrontate basi viste finora per un franchising. Un passatempo.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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