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Recensione: Nonno scatenato

Dirty Grandpa, USA, 2016  di Dan Mazer con Robert De Niro, Zac Efron, Dermot Mulroney, Zoey Deutch, Aubrey Plaza, Julianne Hough, Jason Mantzoukas, Jeffrey Bowyer-Chapman

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Se era difficile inquadrare il poliedrico De Niro nei panni del suocero (spietato ed ex-spia) nella trilogia (peraltro iniziata nel lontano 2000) di Ti presento i miei, figuriamoci a vederlo nel ruolo di nonno – con altri segreti professionali – di un ultraventenne (Efron, che dopo Quel momento imbarazzante e Cattivi vicini – ne è già pronto un seguito – inanella la terza commedia goliardica). Ma il tempo passa per tutti, e l’istrionico attore (che però ultimamente si distingue solo nei film di Russell) si adatta. Anzi, di più: poiché il copione lo richiede, diventa un vecchietto incontenibile e sboccato (antitetico a Lo stagista inaspettato), a cui la recente vedovanza ha regalato solo una sfrenata voglia di sesso, con l’aggravante che nella sua scorribanda in Florida trascina il posato e quasi sposato nipote. Non c’è nulla di male nella volgarità, anche se talvolta sfocia nella scorrettezza (certo, non ai livelli del recente Grimsby con Baron Cohen, del quale il regista inglese Mazer è stato più volte collaboratore); il problema si pone quando le battute appaiono addirittura arretrate, e qui tentare di recuperare con una rissa in difesa dell’amico vulnerabile sa di posticcio. Il difetto sta proprio nelle svolte malgrado tutto risapute della trama, una mancanza di sorprese che gli autori preferiscono ignorare: pure la provocazione richiede credibilità. Accessoria la parata di bellezze (Deutch, Plaza e un’inacidita Hough). Simpatico il richiamo del titolo italiano, che fortunatamente ha sostituito l’iniziale Nonno zozzone.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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