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Moglie e marito: la recensione di Verve

Il neurochirurgo-inventore Favino e la neo-reginetta del piccolo schermo Smutniak (entrambi spassosi), coniugi ai ferri corti, si trovano l’uno negli abiti dell’altra, tra equivoci e progressivi riavvicinamenti. “Moglie e marito” è stato visto e recensito per voi dal nostro critico cinematografico

Italia, 2017  di Simone Godano con Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Valerio Aprea, Paola Calliari, Gaetano Bruno, Marta Gastini, Flavio Furno, Francesca Agostini

L’avvio presso lo studio di una consulente di coppia (Giselda Volodi) non lascia adito a equivoci: il simpatico esordio nel lungo di Simone Godano guarda alla commedia americana! D’altronde, quante trame, nel panorama cinematografico internazionale, si sono misurate con lo scambio accidentale di personalità? Parecchie.

Sul versante “guerra dei generi” si va da Nella sua pelle a Boygirl – Questione di… sesso (Nei panni di una bionda non presupponeva “avversari”); in quota genitori/rampolli si contano, per dire, Tutto accadde un venerdì (e il suo remake Quel pazzo venerdì) e Tale padre tale figlio; fra gli amici che finiscono in corpi altrui ci sono quelli del nostrano Se fossi in te e di Cambio vita; in campo “età sbagliata”, oltre ai classici Da grande e Big, si potrebbe citare almeno 30 anni in 1 secondo.

E poi ci sono i revival in stile Peggy Sue si è sposata e 17 Again… Insomma, un panorama talmente ricco e frequentato che cimentarcisi diventa un vero rischio. Eppure il regista e la sceneggiatrice Giulia Steigerwalt (che si è avvalsa dell’apporto di Carmen Danza) sono riusciti a confezionare – con alcune significative varianti – un film autonomo e gradevole, dove il neurochirurgo-inventore Favino e la neo-reginetta del piccolo schermo Smutniak (entrambi spassosi), coniugi ai ferri corti, si trovano l’uno negli abiti dell’altra, tra equivoci e progressivi riavvicinamenti.

Il difetto principale (pur in un contesto surreale)? Le conseguenze delle disastrose dirette tv sono davvero poco credibili. Ottimo il comprimario Aprea.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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