Home / CULTURA / CINEMA / Recensione: L’Immortale

Recensione: L’Immortale

D’Amore debutta dietro la macchina da presa per calarsi nei panni del personaggio che l’ha reso celebre. Ma L’Immortale, sorprendentemente, non è tv al cinema.

Italia, 2019  di Marco D’Amore con Marco D’Amore, Salvatore D’Onofrio, Marianna Robustelli, Giuseppe Aiello, Martina Attanasio, Gianni Vastarella, Gennaro Di Colandrea, Aleksej Guskov

Pare un’operazione inessenziale, ma a ben guardare nell’esordio alla regia di Marco D’Amore, star del televisivo Gomorra – La serie (di cui aveva già diretto un paio di episodi della quarta stagione, quella nella quale non recita), scopriamo dei motivi d’interesse. Intanto il film, girato con professionismo (il direttore della fotografia Guido Michelotti ha usato obiettivi all’avanguardia) e, per più della metà, in economiche locations lettoni, si propone come un ponte tra ciò che è andato in onda e la quinta tornata.

Dato che racconta la “resurrezione” (in una dimensione sospesa, quasi onirica…) del giovane boss Ciro Di Marzio, trasferitosi segretamente a Riga per curare nuovi affari sporchi, si potrebbe definire uno spin-off, però è anche un prequel che, dopo l’impressionante sequenza iniziale che vede il protagonista in fasce durante il devastante terremoto campano del 1980, ricostruisce l’educazione criminale del futuro delinquente (più maledetto che glorificato), quando, non ancora adolescente (e con il volto di Giuseppe Aiello), subisce le conseguenze d’un tradimento (che verrà rinnovato).

Il plot, fra i tripli giochi, snocciola meccanismi criminali (legati soprattutto al traffico di droga) e inquadra la manovalanza emigrata con mogli e figli al seguito. Niente divi (Nello Mascia e Salvatore Esposito, noti ai telespettatori, si vedono appena) e ritmo meno frenetico, pressoché riflessivo. Guasta un po’ la sceneggiatura scritta a dieci mani qualche approssimazione (per esempio, nessuno s’accorge dell’autista ucciso?).

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*