A Cure for Wellness, USA/Germania, 2016 – di Gore Verbinski con Dane DeHaan, Jason Isaacs, Mia Goth, Celia Imrie, Adrian Schiller, Ivo Nandi, Harry Groener, David Bishins
Non tutti ci badano: nel titolo la parola centrale non è “del”, bensì “dal” (in rispetto dell’originale). C’è già dentro uno sguardo politico, la condanna dell’arricchimento avido e incosciente che conduce a un subliminale bisogno di depurazione. L’anticheggiante centro benessere svizzero nel quale approda il rampante e ignaro Lockhart (Dane DeHaan, alla sua prova migliore), bruscamente incaricato dai superiori della multinazionale per cui lavora di prelevare l’ormai irreperibile quadro Pembroke (Harry Groener) e condurlo alla firma che consentirà un’importante fusione, è un luogo privo di collegamenti al web, arroccato fra le Alpi, abbastanza lontano da un ostile paesino e ammantato di turpi leggende. Benché non sia un paziente, il visitatore lo diventa, tra un orrore a l’altro. Gore Verbinski, dopo avere errato “commercialmente” tra il fantasy e l’avventura, torna (finalmente) alle vette del suo The Ring (indirettamente citato nelle scene del cervo e del trattamento immersivo). L’atmosfera è ricercatamente malata (sconsigliata la visione alle persone impressionabili, si diceva una volta…), il minutaggio è eccessivo ma non ci si annoia di certo. L’unico punto debole – al di là delle solite incurie linguistiche – è il risvolto gotico della trama (forse più adatto a un horror d’impronta classica), che depotenzia (solo un po’) un’idea precisa e tagliente. Jason Isaacs, noto soprattutto come padre di Malfoy nella saga di Harry Potter, aggiunge ancora un carattere negativo alla sua filmografia.