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Recensione: Il ritorno di Mary Poppins

Uno spettacolo per i bambini di ieri che può deliziare anche quelli di oggi. Il ritorno di Mary Poppins è un bel risultato per la Blunt e il regista Marshall.

Mary Poppins Returns, USA, 2018  di Rob Marshall con Emily Blunt, Lin-Manuel Miranda, Ben Whishaw, Emily Mortimer, Julie Walters, Colin Firth, Meryl Streep, Dick Van Dyke  

Mary Poppins in un sequel, dopo 54 anni? Un azzardo, evidentemente. Eppure l’accorta Disney e l’esperto di musical Marshall, stavolta inappuntabile, ne escono non solo con le ossa intere, ma addirittura trionfanti!

I meriti non vanno unicamente a melodie, coreografie, colorati costumi e scenografie – siamo negli anni ’30, quando l’ombra della Grande Depressione si allunga su Londra, dove gli ormai cresciuti e disillusi fratelli Jane e Michael (quest’ultimo, tre marmocchi a carico, ulteriormente afflitto dalla recente vedovanza e da un’ipoteca che incombe sulla sua casa) ricevono l’inattesa e provvidenziale visita della magica tata ottimista che li accudì un ventennio addietro – adatti a sontuose confezioni del passato (con un pizzico di modernizzazione); bisogna ripartirli anche tra lo sceneggiatore David Magee, che rivisita il soggetto originale (con lampionai in luogo degli spazzacamini e la buffa cugina Topsy, alias Meryl Streep, al posto dello strampalato zio Albert, e non poteva mancare un vivace inserto animato) e il cast.

Blunt (doppiata nel canto da Serena Rossi) raccoglie eroicamente la sfida e fa sua la protagonista, mentre Lin-Manuel Miranda (una scoperta) con il ruolo di Jack eredita la funzione narrativa che fu di Van Dyke (presente in un irresistibile cameo, al pari della “collega di scuderia” Angela Lansbury). Senza dimenticare il viscido banchiere Firth e la simpatica governante Walters. Insomma, uno spettacolo che contiene l’essenza (benefica) del cinema, benché “gli adulti dimenticheranno prima di domani”…

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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