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Il mio profilo migliore, visto e recensito da Verve

Ragionando sull’inconsistenza delle relazioni che s’instaurano sul web, Il mio profilo migliore si rivela insinuante. Grazie pure a un articolato soggetto.

Celle que vous croyez, Francia/Belgio, 2019  di Safy Nebbou con Juliette Binoche, Nicole Garcia, François Civil, Guillaume Gouix, Charles Berling, Jules Houplain, Jules Gauzelin, Marie-Ange Casta

Dopo L’amore secondo Isabelle (e con il cuore più pesante), Binoche è ancora una cinquantenne divorziata con prole e in cerca d’affetto, Claire. Scaricata con poca eleganza (dettaglio su cui ci si sarebbe dovuti soffermare) dal giovane amante Ludo (Gouix), praticamente per gioco la signora, sotto mentite spoglie (ha creato un falso account con il nome di Clara, togliendosi quasi trent’anni), attira l’attenzione su Facebook di Alex (Civil), coinquilino fotografo dello sfuggente partner occasionale, ovviamente reale obiettivo dell’azione.

Nasce un sentimento forte, alimentato da decine di messaggi e telefonate all’occorrenza hot, insistenti richieste da parte dell’uomo, intrigato eppur smarrito, di una foto. Segue una fitta serie di rivelazioni (e potenziali finali) che lo spettatore scopre insieme alla psichiatra (Garcia, attrice di lungo corso ormai più nota nelle vesti di regista: ultimo film diretto Mal di pietre) che ha in cura la protagonista (di nuovo alle prese con le verità, come nel recente lavoro di Kore-eda).

Nebbou (è il suo primo titolo distribuito in Italia), che parte da un libro di Camille Laurens, si concentra sulla fragilità dei rapporti coltivati in rete (con relativa perdita d’identità a corredo), ma propone anche dimensioni alternative (il romanzo che Claire scrive per rimorso sulla vicenda – o, in generale il clima di finzione – è preannunciato dalla battuta: “Le è piaciuta la scena in auto?”), ulteriori possibilità di farsi notare. Marie-Ange Casta, cioè l’“autentica” Clara, è sorella di Lætitia.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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