Tirabassi debutta dietro la macchina da presa con una commedia tutt’altro che superficiale. Il grande salto prova ad attingere dai tempi d’oro, aggiornando.
Italia, 2019 – di Giorgio Tirabassi con Giorgio Tirabassi, Ricky Memphis, Roberta Mattei, Gianfelice Imparato, Paola Tiziana Cruciani, Pasquale ‘Lillo’ Petrolo, Valerio Mastandrea, Marco Giallini
Non succede spesso, tuttavia le commedie che san spiazzare esistono ancora. Dopo lunghe esitazioni, Giorgio Tirabassi esordisce come regista e sceneggiatore, nel qual caso con la complicità di Mattia Torre (fra gli autori di Boris) e del sempre defilato Daniele Costantini.
Questa vicenda di spiantati che dopo quattro anni al fresco pensano unicamente a mettere a segno il colpo giusto non solo rimanda – per retrogusto amarissimo – alla (ricalibrata) tradizione dei grandi autori (lasciamo comunque da parte le citazioni), ma riesce a piazzare osservazioni attuali e non secondarie sull’indigenza, sulle paure di periferia, sulla cecità (metaforica, presentita) nei confronti di un modus vivendi errato, egoistico, nonché sui sentimenti religiosi di comodo. Si ravvisa persino un versante spirituale – dato che un fattivo aiuto, quasi un compromesso, arriva in sintonia e per vicinanza con la condotta (criminale) mantenuta da Rufetto e Nello, i protagonisti – e stupisce apprendere che il finale con Liz Solari (in un breve cameo, così come Lillo, Valerio Mastandrea, Salvatore Striano e Marco Giallini), corrosivo complemento del plot, non fosse previsto dalle prime stesure.
Perfetta sintonia, dopo anni di tv (in Distretto di polizia), tra l’ottimo Tirabassi (ah sì, pure attore) e il verace Memphis; notevoli, inoltre, Mattei, Imparato e Cruciani (moglie e suoceri di Rufetto). Al di là del problema del trailer (che spreca le gags migliori), tra destin(azi)o(ne) del nano e “sparizione” degli altri pellegrini, qualche evitabile buchino c’è.