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Recensione: Grandi bugie tra amici

Sequel che esce a nove anni di distanza dal prototipo, Grandi bugie tra amici poggia su un collaudato team di interpreti. Dirige di nuovo l’attore Canet.

Nous finirons ensemble, Francia/Belgio, 2019  di Guillaume Canet con François Cluzet, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Benoît Magimel, Laurent Lafitte, Pascale Arbillot, Clémentine Baert, Valérie Bonneton

Dopo Piccole bugie tra amici (2010), Guillaume Canet (uno dei 7 uomini a mollo per Gilles Lellouche, a sua volta presente in questo cast nel ruolo di Éric) ritorna sulla comitiva solita riunirsi nella casa al mare di uno dei suoi elementi, in Nuova Aquitania, Francia occidentale.

Prossimo a compiere 60 anni e nel pieno di una relazione con la giovane Sabine (Baert), Max (Cluzet) ne ha avuto abbastanza di rimpatriate, ma gli altri – Vincent (Magimel), accompagnato dall’ex moglie Isabelle (Arbillot) e da un nuovo partner (Mikaël Wattincourt), Antoine (Lafitte), la ritardataria Marie (Cotillard) e, appunto, Éric, con il quale c’era stato qualche dissapore in più – gli fanno una (sgradita) sorpresa, all’occorrenza con bambini al seguito. Non li vede da almeno tre anni, il cordoglio per l’indimenticato Ludo (Jean Dujardin in un cameo) non si è esaurito, e come se la vecchiaia che incede non bastasse bisogna far fronte ai debiti e mettere in vendita la villetta. Seguono discussioni, riconciliazioni, spostamenti (facendo inconsapevolmente spazio all’ex-moglie Bonneton, alle prese il vicino José Garcia), memorie, risate e perfino uno di quei classici momenti di difficoltà che riescono a ricompattare e appianare ogni questione.

In poche parole, niente di sconvolgente o imprevedibile sul piano narrativo; però sull’affiatato, anzi consumato gioco d’attori si può ancora contare, ed è ciò che aiuta a perdonare ruffianerie (vedi gli inserti musicali pop), schemi e confezioni liofilizzati, epilogo facile. Ergo, non pretendiamo oltre.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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