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Recensione: Godzilla II – King of the Monsters

I mostri radioattivi invadono (ancora) il pianeta. Servono a mantenere l’equilibrio sulla Terra? O più semplicemente a incassare al botteghino?

Godzilla: King of the Monsters, USA/Giappone, 2019  di Michael Dougherty con Kyle Chandler, Vera Farmiga, Millie Bobby Brown, Ken Watanabe, Zhang Ziyi, Sally Hawkins, Charles Dance, Bradley Whitford

La Warner sta coltivando la serie MonsterVerse meglio di quanto la Universal sia riuscita a fare finora con gli eroi negativi di cui detiene storicamente i diritti (vedi i non incoraggianti risultati riportati da La mummia nel 2017). Questo sequel del fin troppo elogiato Godzilla (2014) di Gareth Edwards giunge dopo lo spettacolare intermezzo di Kong – Skull Island (il monumentale scimmione – che qui fa una comparsata – tornerà…) e ribadisce la direzione intrapresa: ritmo assordante, sequenze spaccatutto, plot alquanto pretestuoso, alla faccia del persistente messaggio ecologista che, comprensibilmente, caratterizzava già negli anni ’50 i primi film nipponici incentrati sul devastante lucertolone radioattivo.

Anche stavolta il cast è di prim’ordine: dal capostipite tornano gli scienziati Ken Watanabe e Sally Hawkins (che nel frattempo ha maturato la sua esperienza con i mostri…), più (assai brevemente) l’ammiraglio David Strathairn; i veri protagonisti, comunque, sono i ricercatori (dalle opposte opinioni) Kyle Chandler e Vera Farmiga (che lavora per la MONARCH), un grave lutto alle spalle e una figlia da proteggere (Millie Bobby Brown), cooperanti (o meno) con un team internazionale nel quale militano anche Bradley Whitford (Scappa – Get Out) e la sempre bellissima Zhang Ziyi, mentre in divisa si riconoscono Aisha Hinds e O’Shea Jackson Jr. (ma non dimentichiamo i camei di Joe Morton e CCH Pounder).

Poi ci sono gli altri titani: Rodan, Mothra e il tricefalo (alieno) Ghidorah. Poco da aggiungere. A molti basterà.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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