Sebastián Lelio rifà un suo film, cambiandone lo sfondo ma, ovviamente, non gli assunti. E Gloria Bell è un altro bel risultato. D’altronde, c’è Julianne Moore…
id., USA/Cile, 2018 – di Sebastián Lelio con Julianne Moore, John Turturro, Michael Cera, Caren Pistorius, Rita Wilson, Jeanne Tripplehorn, Brad Garrett, Holland Taylor
Il cileno Lelio (Una donna fantastica) si dedica a un “autoremake” (ossia il riadattamento di un suo lavoro), pseudo-genere che esiste da sempre con cui si sono esercitati in tanti, da DeMille a Capra, da Veber a Haneke, da Bornedal a Moland.
All’aria falsamente severa della bravissima Paulina García nel già inappuntabile Gloria (2013) sostituisce la svagata dolcezza di Julianne Moore. E, nella fedelissima rilettura americana delle giornate d’una cinquantenne divorziata con figli adulti, che si ricarica dopo il lavoro andando a ballare in locali dove talvolta incontra coetanei interessanti, non c’era che lei per rendere credibilmente una fase esistenziale per certi versi dolorosa ma da accettare – è la lezione del/dei film – con serenità, quando si prende infine atto (nel suo caso attraverso l’abbassamento della vista o la metaforica osservazione d’uno spettacolo di strada) della propria transitorietà.
Per ottenere l’imprevisto scopo, la vitale protagonista, che ama cantare in auto, passa per una relazione sentimentale più seria, emozionante però incerta, deludente, con l’altrettanto separato (però da poco…) Arnold (John Turturro). La voglia di perdersi fra le braccia di un nuovo compagno, che ha legittime esigenze e reazioni vigliacche, è svilita da un paio di episodi, e al sostanziale azzardo (reso dalla scena al casinò) segue una rude spoliazione (da parte di Sean Astin). La disco music commenta gli eventi (vedi Ring My Bell). Fra le comprimarie si scorgono con piacere Jeanne Tripplehorn (Basic Instinct) e Barbara Sukowa.