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Recensione: Dragon Trainer – Il mondo nascosto

Hiccup e Sdentato tornano nell’ultima parte delle loro gesta. Dragon Trainer – Il mondo nascosto riassume ed esalta i nobili contenuti della serie.

How to Train Your Dragon: The Hidden World, USA, 2018  di Dean DeBlois. Animazione

Terzo capitolo delle avventure digitalmente animate del non più così giovane (e all’occorrenza persino barbuto) vichingo Hiccup e del suo simpatico drago Sdentato, ormai inseparabili e avviati a diventare, rispettivamente, un capotribù e un capobranco. Ma se il primo, che nel precedente film (2014) ritrovò la madre e che ora sogna di raggiungere una terra promessa favoleggiata dal defunto padre (sottotesto prezioso della trama), può definirsi ufficiosamente fidanzato con la volitiva Astrid, nessuno si aspetta che l’altro, appartenente alla rara sottospecie delle furie buie, s’imbatta in una sua graziosa simile. Sarebbe una buona notizia, se la candida e femminea bestia non si trasformasse in un’esca esibita da un maniacale cacciatore.

Al di là di alcuni tratteggi eccessivamente caricaturali, questa trilogia – che sapientemente resterà tale, pare proprio – tratta da Cressida Cowell e iniziata nel 2010 continua a conquistare e a debellare possibili scetticismi preconcetti. L’amicizia uomo-animale rinsaldata e resa complementare dai rispettivi handicap, la difficile elaborazione del lutto (o della separazione), la fiera opposizione al pregiudizio e all’emarginazione continuano a essere i temi adulti abilmente proposti all’interno di una confezione per ragazzi.

Il riconfermato DeBlois, sempre spalleggiato da Chris Sanders in sede produttiva, li sparge per la narrazione senza mai perdere d’occhio le esigenze dello spettacolo, tra suggestive evoluzioni aeree e fitte battaglie infuocate. E piazzando uno stupendo doppio finale.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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