Labirintico thriller erotico, Doppio amore conferma l’alta qualità della messinscena di François Ozon. Si astenga chi ama i puzzle completi.
L’amant double, Francia/Belgio, 2017 – di François Ozon con Marine Vacth, Jérémie Renier, Jacqueline Bisset, Myriam Boyer, Dominique Reymond, Fanny Sage, Jean-Édouard Bodziak, Antoine de La Morinerie
Una venticinquenne si fa accorciare i capelli. Bagnati. dinanzi al viso durante il taglio sembrano sbarre d’una prigione (mentale, arguiremo). Acquisito così un aspetto androgino e non meno seducente, comincia una terapia presso un comprensivo psichiatra; fra i due sboccia un sentimento forte, che li induce a interrompere le sedute e avviare una convivenza, durante la quale la donna scopre che il neo-compagno ha un gemello che non frequenta e fa il suo stesso mestiere. La curiosità la spinge a prendere un appuntamento in studio con lui…
In tale coerente tassello della galleria d’amori deteriori che è la sua filmografia, con un pizzico di presunzione in più che a tanti parrà esasperante, Ozon, sull’onda delle ambiguità di Una nuova amica e dei tormenti di Frantz, sdoppia (o moltiplica) le immagini – ossessivo l’uso di specchi (wellesiani) –, tripartisce i concetti (attenzione quindi al côté mascolino della protagonista, aspetto tendenzialmente sfuggente) e congiunge Hitchcock a Cronenberg passando per De Palma e Polanski, con brandelli – potenziale spoiler – di thriller (ri)elaborati come La metà oscura, Identità e Stay.
Una copiatura? No, acuta personalizzazione polisemica e multidimensionale (oltre all’occhio/vagina del principio, quanti notano che la ginecologa e la psicologa snobbata sono la medesima persona?) senza soluzioni univoche. Il regista s’affida ai già collaudati Vacth (sua intensa scoperta di Giovane e bella) e Renier, abile nel distinguere e poi confondere i suoi ruoli; e ci restituisce la classe della Bisset.