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Dopo la guerra, una riflessione sulla recente epoca del terrorismo

Rivangare criticamente l’epoca del terrorismo, il suo ritorno e le sue tristi conseguenze non fa mai male. E Dopo la guerra offre un approccio interessante.

Après la guerre, Francia/Italia, 2017  di Annarita Zambrano con Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Charlotte Cétaire, Elisabetta Piccolomini, Fabrizio Ferracane, Marilyne Canto, Jean-Marc Barr, Orfeo Orlando

Bologna, 2002. Un professore universitario (che per molti motivi potrebbe ricordare Marco Biagi) viene assassinato. Il delitto è firmato da una cellula terroristica ritenuta dormiente (se non estinta), riconducibile all’ideologo (e all’occorrenza braccio armato) Lamberti, rifugiato politico in Francia probabilmente estraneo all’uccisione ma adesso ugualmente esposto all’estradizione in Italia (le leggi nel frattempo sono cambiate).

L’uomo pianifica perciò una fuga in Nicaragua (l’unico Paese disposto ad accoglierlo), nella quale è coinvolta l’incolpevole e, fin lì, inconsapevole figlia adolescente Viola. È lei (interpretata dall’ottima Charlotte Cétaire), nata dopo gli anni di piombo e travolta dalla loro ombra lunga, la chiave del film, per il resto dominato dall’ultimamente attivissimo Battiston, irriducibile combattente (ispirato lontanamente a Battisti?) che non arretra di un millimetro di fronte ai propri errori/orrori, rivendicati anzi fieramente, e ritiene che tutto gli sia dovuto.

Intanto, dopo un ventennio senza notizie, l’acquiescente madre (Piccolomini), la sorella insegnante (Bobulova) e perfino lo sconosciuto cognato giudice (Ferracane) fanno le spese di tale cruenta recrudescenza, subendo ostruzionismi lavorativi, quando non aperte minacce.

L’esordiente Annarita Zambrano affronta lo spinoso soggetto con serietà, benché chiuda il discorso imboccando una brusca scorciatoia. Il bilinguismo dei dialoghi è rispettato, tranne – incoerentemente – nella scena dell’intervista con la cronista Canto; perché doppiarla?

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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