Deepwater Horizon, USA/Hong Kong, 2016 – di Peter Berg con Mark Wahlberg, Kurt Russell, John Malkovich, Kate Hudson, Gina Rodriguez, Dylan O’Brien, Brad Leland, Ethan Supplee
Peter Berg è uno di quegli attori di secondo piano (L’ultima seduzione, Girl 6) blandamente passati dietro la macchina da presa (Cose molto cattive, Il tesoro dell’Amazzonia). Uno che però strada facendo – fra il tronfio The Kingdom, lo scatenato Hancock e il pompato Battleship – ci ha preso gusto ed è riuscito a imporre un suo stile, concretamente alternativo a quello, per dire, di un Michael Bay. Così, dopo gli apprezzamenti ottenuti con il teso precedente Lone Surivor, nel quale già figurava Mark Wahlberg (un sodalizio che evidentemente funziona, visto che i due sono già al lavoro su Patriots Day, ancora una trasposizione di fatti reali), il regista, che fa una comparsata all’inizio (è uno degli evasivi controllori), ricostruisce la tremenda vicenda della piattaforma americana di trivellazione che nel 2010, a causa di un incidente mortale per 11 dei 126 operai a bordo, esplose, s’incendiò e inquinò il golfo del Messico con l’equivalente di cinque milioni di barili di greggio. A una lunga ma appassionante fase illustrativa (in cui emergono le pericolose tirchierie dei committenti, uno dei quali è il diversamente diabolico John Malkovich) seguono le tipiche eppur sobrie scene da blockbuster e un epilogo dignitoso. Abbastanza per innalzare il prodotto dalla media. L’affidabile Kurt Russell (già alle prese con una tragedia industriale nello splendido Silkwood) è il coscienzioso e prudente supervisore; davvero interessante e significativo, sotto il profilo drammaturgico, il motivo del suo fatale allentamento della presa…