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Recensione: Ma cosa ci dice il cervello

Riuscito mix di generi supportato da un buon gruppo di attori, Ma cosa ci dice il cervello conferma l’efficacia del tandem Milani/Cortellesi. Pure nei copioni.

Italia, 2019  di Riccardo Milani con Paola Cortellesi, Stefano Fresi, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Lucia Mascino, Paola Minaccioni, Carla Signoris, Giampaolo Morelli

Giunti alla sesta collaborazione per il cinema, Riccardo Milani e sua moglie Paola Cortellesi, ormai affermatasi anche in qualità di (brillante) co-sceneggiatrice, con l’aiuto di un bel cast condensano abilmente tre (ironici) film in uno.

Nel primo, una commedia sociale, assistiamo alla grigia vita di Giovanna, impiegata ministeriale divorziata (dal pilota cool Giampaolo Morelli), una figlia a carico e una madre giovanile (l’impagabile Carla Signoris) che non perde occasione per demolirla. Nel secondo, che introduce ed esaspera l’azione tipica delle spy stories, scopriamo che la nostra è in realtà un efficiente agente segreto (agli ordini di Remo Girone) capace di improvvisare in ogni missione, come quella che la porta in Marocco sulle orme di un chimico (Teco Celio) e di un pericoloso contrabbandiere (Tomas Arana). Nel terzo, che svolta verso una buffa variante del revenge movie, la nostra rincontra – suo malgrado – quattro compagni di scuola (Pandolfi, Marchioni, Mascino, Fresi), le cui angherie patite sul lavoro (qualcuna presa di peso dalle cronache) risvegliano in lei un sopito desiderio di rivalsa che si traduce nell’elaborato raddrizzamento dei torti subiti dagli amici e in una morale sul vivere civile semplice e in qualche modo necessaria.

Ovviamente registri e codici s’intersecano, producendo un denso intrattenimento. Poche imprecisioni e alcune faccette di  troppo della bravissima Paola (che duetta all’impronta mirabilmente con la sua omonima Minaccioni, prepotente quanto i “simili” Roja e Memphis).

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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