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Recensione: Bentornato Presidente

Un seguito migliore dell’originale? Può capitare, soprattutto quando la regia è briosa, lo script è valido e attuale e gli attori sono in forma.

Italia, 2019  di Giancarlo Fontana, Giuseppe G. Stasi con Claudio Bisio, Sarah Felberbaum, Pietro Sermonti, Paolo Calabresi, Guglielmo Poggi, Antonio Petrocelli, Marco Ripoldi, Marta Gastini

Se Benvenuto Presidente! si faceva vaghe beffe della situazione di stallo creatasi prima della rielezione di Napolitano, quest’azzeccatissimo sequel, superiore all’originale di Milani (sceneggia ancora Fabio Bonifacci – che toppa sulla distinzione tra burattino e marionetta! – ma alla regia ci sono gli estrosi Fontana & Stasi di Metti la nonna in freezer) fotografa con la giusta cattiveria (pure nei confronti di un elettorato lagnoso e incapace di autocritica) l’impasse politico che attraversa il Paese. Un instant movie, insomma.

È il 2020 (ci sono gli indizi per capirlo): il Movimento Candidi e Precedenza Italia (vi ricordano qualcosa?) sono disposti ad allearsi. Però hanno bisogno di un premier, sicché ripescano il montanaro Peppino Garibaldi (un vigoroso Bisio), già finito al Quirinale per sbaglio, convinti di poterlo manovrare a piacimento. In realtà, questi accetta l’incarico (gravoso e spinoso) per riconquistare la moglie Janis (Felberbaum, che sostituisce Smutniak), stufa della vita di provincia, ritornata al suo ruolo di vice-segretario generale e meno disposta ad “attutirlo”. Insomma, il gesto di altruismo non solo istituzionale e il successivo contributo legislativo del protagonista sono in realtà dettati da un egoismo primordiale che lo conduce anche a comportamenti assai scorretti (soprattutto nei confronti del presunto rivale Sermonti).

Tra caratteri vecchi e nuovi, un cast di lusso (godibilissimi Calabresi, Poggi e Ripoldi) al servizio di un divertimento equilibrato, con un finale utopistico-pessimistico.

 

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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