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Recensione: Alice attraverso lo specchio

Alice Through the Looking Glass, USA, 2016  di James Bobin con Mia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Sacha Baron Cohen, Anne Hathaway, Rhys Ifans, Lindsay Duncan, Leo Bill

alice_attraverso_lo_specchio_1Tim Burton stavolta si limita a fare da produttore. Il timone di questo libero sequel (anche letterario) delle fantasiose avventure della giovane eroina creata da Lewis Carroll è affidato a James Bobin (I Muppet), che parte in quarta mostrandoci la protagonista (Wasikowska) al comando della nave paterna durante un tempestoso inseguimento (al quale sfugge brillantemente), subito frenata nei suoi entusiasmi dalla notizia, recatale dalla madre (Duncan), che il natante dovrà essere ceduto per riscattare i debiti contratti con il vacuo Hamish (Bill), mancato sposo della ragazza. Quest’ultima, guidata da un tramutato Brucaliffo (la cui voce originale appartiene al compianto Alan Rickman), entra in una specchiera e spunta nel mondo fatato visitato anni prima, dove però trova altri problemi: oltre alle prepotenze della Regina Rossa (Bonham Carter), c’è l’insolita melanconia del Cappellaio Matto (Depp), convintosi che i suoi parenti siano ancora vivi da qualche parte e affranto dall’impossibilità di rintracciarli. Per aiutarlo bisogna rivolgersi al vanesio Tempo (Baron Cohen, vera new entry di lusso nel cast), detentore della Cronosfera che permette di tornare nel passato. La trama, pur in un contesto fiabesco, sta insieme a fatica, e per la verità gli effetti speciali non appaiono di primissima qualità, specie per quel che attiene alle proporzioni. Non tutto è da buttare, poiché gli attori sostanzialmente salvano la baracca. Però resta l’impressione di un’operazione confezionata per inerzia, più che per divertimento.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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