Home / CULTURA / CINEMA / Recensione: Al posto tuo

Recensione: Al posto tuo

Italia, 2016  di Max Croci con Luca Argentero, Stefano Fresi, Ambra Angiolini, Serena Rossi, Fioretta Mari, Pia Lanciotti, Grazia Schiavo, Angela Melillo

al_posto_tuoDopo il risaputo ma scoppiettante esordio Poli opposti, Max Croci riconvoca Luca Argentero (nonché i caratteristi Grazia Schiavo e Gualtiero Burzi; lo stesso co-protagonista Stefano Fresi, musicista prestato da tempo al cinema – dove la sua spontanea bravura si nota sempre di più –, lì aveva una particina) e imbastisce una nuova commedia il cui unico intento è intrattenere piacevolmente. Forse il film rappresenta un passetto indietro: la trama è un po’ meccanica e, benché le premesse riguardino una fusione aziendale che lascerebbe fuori uno dei due direttori creativi (un architetto single amante della bella vita e un geometra sposato con prole), alla fine s’insinuano a forza argomenti seri come delocalizzazioni e speculazioni, in pratica non annunciati dalla sceneggiatura che il redivivo Umberto Marino ha scritto con Massimo Di Nicola e Patrizio Patrizi. Fulcro della vicenda è lo scambio di vite sottilmente imposto ai personaggi principali: dato che i loro requisiti, anche umani, risultano indispensabili per il posto in ballo, viene chiesto loro di scambiarsi uffici, assistenti, case ed eventuali famiglie per un periodo circoscritto, in modo da acquisire le esperienze che mancano loro. Un pretesto per gag spesso simpatiche, non certo trascendentali. Fra i ruoli secondari, oltre alla consuetamente brusca Angiolini e alla costantemente gradevole Rossi, ricordiamo la fascinosa Lanciotti, spietato capo teutonico (che però sfoggia un accento più francese che tedesco). Il magnate giapponese non poteva che essere Hal Yamanouchi.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*