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Recensione: 18 regali

Tentativo parzialmente riuscito di contaminare mélo e fantasy. 18 regali, pur baciato dalla prova della Puccini, è raffreddato da elementi convenzionali.

Italia, 2019  di Francesco Amato con Benedetta Porcaroli, Vittoria Puccini, Edoardo Leo, Sara Lazzaro, Marco Messeri, Betty Pedrazzi, Alessandro Giallocosta, Alessandra Carrillo

Francesco Amato è un regista defilato. Dopo il tenue Ma che ci faccio qui! (2006), l’inconciliante Cosimo e Nicole (2012) e il simpatico, imperfetto, più noto Lasciati andare (2017), eccolo scrivere un copione insieme a Davide Lantieri, Massimo Gaudioso e Alessio Vincenzotto, quest’ultimo fra i protagonisti dello spunto reale e recente della storia: sua moglie Elisa, condannata da un tumore, prima di andarsene ha scelto per la figlia appena nata un dono per ogni compleanno (e per ogni Natale, per essere precisi), fino al compimento della maggiore età.

Nel film la ragazza, prossima per l’appunto ai diciott’anni, ha il volto di Benedetta Porcaroli (Tutte le mie notti e la serie Baby): Anna è un’adolescente conflittuale, bugiarda, stufa della presenza surrogata della madre, nella finzione morta nel darla alla luce, e dura con l’affranto padre (Leo), allenatore di calcio. La fa tornare magicamente indietro nel tempo un incidente, proprio sotto l’auto della madre incinta di lei e appena messa al corrente della sua grave situazione (Puccini, al meglio), che la ospita anziché portarla in ospedale… Resasi conto dell’assurda dimensione in cui è piombata, Anna ne approfitta per conoscere finalmente (e scontrarsi con) la genitrice, agente interinale.

La maturazione delle due donne, intinta nel fantasy, non spiace, anche nella sua soluzione onirica (con un’impronta che assomiglia a quella di Ma ma), però pesa la bidimensionalità dei caratteri, soprattutto di contorno, vedi l’esuberante amica Carla (Lazzaro) o i nonni Messeri e Pedrazzi.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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