Una serata sublime e magnificente dedicata alla danza contemporanea. Van per le scene del teatro Massimo Preljocaj ed i Kor’sia. Un bel salto, per il corpo di Ballo di Palermo, nell’Europa dell’avanguardismo artistico e della nuova filosofia creativa. Un peccato che cotanto coraggioso dittico coreutico venga costretto in sole 5 repliche (21,22,23,24,26 Marzo).
C’era la pioggia ed una Prima di danza e balletto, al teatro Massimo di Palermo, firmata Preljocaj/Kor’sia. Cresceva l’aspettativa (del sottoscritto) per questo insolito quanto stuzzicante accostamento di repertorio moderno (Preljocaj) e neo creazionismo contemporaneo (Kor’sia). Era con me l’auspicio di trovare un teatro gremito e curioso. Sfortunatamente disatteso! Latitava il pubblico delle grandi Prime, eccezion fatta che per poche importanti personalità (a cui va tutta la mia stima). Il teatro semi vuoto, non fa che sottolineare la carente partecipazione intellettuale della città alla danza ed al suo fiorire.
Il segreto per non soccombere a tale velato disinteresse, all’ingiustificato disertare generale, si cela nel lasciarsi andare e godere pienamente di questo gustoso dittico coreutico, con le sue potenzialità d’arte tanto evocative quanto comunicative.
Ad aprire il programma della serata, il francese Angelin Preljocaj ed il suo sondare l’evento grandioso, ascetico e carnale dell’Annunciazione. La seconda parte dello spettacolo, è invece affidata al collettivo di giovani ed eclettici coreografi (Russo, de Rosa, Dagostino) del collettivo Kor’sia colti in un rapito quanto realistico omaggio alla città di Palermo.
Il pas de deux femminile Annonciation di Preljocaj risale al 1995. Celebre nell’universo della danza a livello internazionale, giunge finalmente anche al teatro Massimo di Palermo.
Su una scena scarna e oscura si staglia Maria, virginea figura umana e già celestiale. Preljocaj ne plasma gestualità e movimento amalgamando ad una fisica terrena sensualità un etereo lirismo. La divinità dell’arcangelo Gabriele, è invece rossa, invasiva, elettrizzata e perturbante. Il duetto si sviluppa nel solco di un concreto minimalismo coreutico, fatto di sincronismi fulminei e rigidi abbandoni, definite geometrie e pose plastiche da Beato Angelico.
Eccelse, le ballerine Anna Maria Margozzi (la Madonna) e Francesca Bellone (l’arcangelo Gabriele) ampliano ed estendono i loro corpi. Li sospendono estatici nell’assenza di suono. Li fanno divenir narrativi, contrastanti ed erotici, sul crashiare metallico della musica di Stéphane Roy congiunta agli echi suadenti del Magnificat di Antonio Vivaldi.
Nel profondo bacio che l’arcangelo Gabriele poggia sulle labbra di Maria l’apice trasversale e determinato del concepimento di Cristo. Nel braccio dell’arcangelo che, in una furiosa spinta ad onda, percuote e risale la figura di Maria dalla vulva alla testa, l’apogeo violento di quel biblico “sono la serva del Signore”.
Al pubblico palermitano che si dice amante della danza, consiglio di non perdere questo vero gioiello della nouvelle danse francese. Annonciation mantiene intatto il suo primigenio pathos ipnotico, nonché la pervasività simbolica del mistico evento che ha generato il cristianesimo.
“Siciliana” è il divertissement coreutico, polimorfo e immaginifico, dell’arte del Serpotta. Una creazione, appositamente commissionata al collettivo Kor’sia dal teatro Massimo, che stupisce e incanta.
Una guida turistica esperta d’arte conduce, alla scoperta del magnifico oratorio di San Lorenzo, un gruppetto di curiosi visitatori. Il teatro barocco fastoso e brillante del Serpotta penetra e si mescola al tempio liberty della Lirica dei Basile. Si dischiude all’occhio un’unica grandiosa scenografia; onirico, classicheggiante e fiabesco luogo di narrazione.
La notte panormita vede il librarsi, solenne e leggiadra, d’una magia disneyana che da vita e diletto a candide statue di Virtù, Allegorie, angeli e allegri Puttini. L’andante maestoso della Cavalleria Leggera di Franz Von Suppé fa da tappeto sonoro per la sfilata in pompa magna di tutte codeste figure animate. Discendendo una scalinata, ognuna sfoggia la propria personalità e caratteristica, prodigio d’un arte variegata e fantasiosa.
Briose tutte queste figure si lanciano, poi, in settecenteschi girotondi, quadriglie e galop sul Capriccio Italiano di Cajkovskij. Si compongono e scompongono in ironici puzzle, disorientando una timida suorina munita di secchio, decisa a lucidarli. Svelatisi alla donna la trascinano nelle danze, in suggestive serpentine a effetto domino e marcette elicoidali, accompagnate dalla Sicilienne di J.S. Bach. L’evolversi coreutico è tanto coinvolgente che la suora si spinge a baciare la statua d’un avvenente ragazzo, facendo scattare un allarme che la mette in fuga.
Al suono ammaliante del marranzano, si avviluppano, concentriche e snodate, le fisicità delle statue impersonate dai danzatori Michele Morelli e Andrea Mocciardini. L’intero gruppo è poi nuovamente chiamato alla motilità atteggiante e vibrata della tecno dance.
Subentra a gamba tesa, in cotanto lussureggiante ballo, lo strappo mafioso alla bellezza e purezza della civiltà palermitana. Visivamente il furto della tela della natività del Caravaggio dalla sua cornice.
Uno sparo, come un fulmine a ciel sereno. Ed è subito atmosfera di morte, con una delle statue riversa sul pavimento emula d’un cadavere, sopra cui si compone una piramide di prefiche piangenti, e dietro cui si forma, bidimensionale e stilizzato, un corteo funebre sul concertato rotondo d’una banda di paese.
L’audacia dell’arte, che tutto sembra poter risanare e perdonare, per mezzo della Polonaise dall’Eugenio Onegin di Cajkovskij richiama ancora l’intero ensemble ad un ricco danzare (su celeri luminosi Pas de Bourrée) dinnanzi alla goduriosa profferta d’un vassoio di cannoli. Ma l’aurora rischiara il cielo, ed è già l’ora di tornare alle consuete pose. Tutte le figure risalgono vorticosamente la scalinata e, lanciandosi nel vuoto, dispaiono. Solo uno di loro (ancora il flessuoso Michele Morelli) si sofferma ad ammirare il vuoto della cornice, dove una volta sorgeva maestosa la tela Caravaggesca. Si profila un teso assolo, patetico quanto minuziosamente espressivo, su un melanconico canto dialettale palermitano.
Siciliana è un riuscito ed articolato melange tra ballet blanche di metà ottocento e intermezzo danzato quattrocentesco, ibrido raffinato del teatrodanza, fluidità coreutica contemporanea e iconografia cinematografica. Metafora e racconto di una materia viva e vitale, pervasa dal trascorrere del tempo e fuori dal tempo.
La danza, vivace ed eloquente, elaborata dai Kor’sia valorizza qualità e peculiarità tecniche dell’intero corpo di ballo massimiano. Ai danzatori è offerto uno spazio concreto non solo d’immedesimazione ma anche di libera autentica e perfetta creatività.
Il brano dei Kor’sia accede di diritto alla lista dei lavori repertoriati del Teatro Massimo. Con le scene di Christian Lanni (con elementi scenici di Puppieno e Zito) ed i costumi di Adrian Bernal a riempire ed estasiare gli occhi. Non sembrano aver compreso tutto ciò coloro che, a spettacolo concluso, hanno fischiato i giovani coreografi, pur tra le ovazioni generali. Non lo sapranno mai coloro che, questo straordinario spettacolo, lo hanno snobbato, ignorato (speriamo in una maggior affluenza durante le repliche) … ma la sera della Prima c’era la pioggia!