Dalla sezione Nuove Visioni, in concorso al Sicilia Queer filmFest, il commovente e sconvolgente lungometraggio Petite Nature del parigino Samuel Theis.
Protagonista del lungometraggio Petite Nature è il dolce Johnny uno stupefacente, quanto a maturità attoriale, Aliocha Reinert. Il ragazzino dai lunghi capelli biondi, la carnagione candida ed il viso angelico vive nella povertà della periferia di Forbach, nel nord est della Francia al confine con la Germania e a 43 minuti dalla città di Metz.
La sua esistenza scorre livida, accanto ad una madre giovane, ignorante, irosa e alcolista. Johnny si occupa della sorellina più piccola con dedizione e pazienza e subisce la mancanza dell’amato padre, da poco tradito e abbandonato dalla madre. La sua è una Petite Nature paziente, femminea, tenera ma allo stesso tempo desiderosa d’un cambiamento che resta però persino difficile anche solo immaginare. Poichè Johnny vive costretto in un mondo di solitudine, senso di abbandono, incomprensione e disvalore dell’individuo e dei suoi bisogni. Figurativamente, un microcosmo umano sterile.
La Petite Nature di Johnny sboccerà, tuttavia, repentinamente dal momento in cui il ragazzino incontrerà il viso dolce, i modi cortesi, la cultura e la generosità di un giovane nuovo maestro Mr. Jean Admansky (l’intenso e composto Antoine Reinartz). Un raggio di luce nel fondo di un pozzo.
In Johnny si scatena una ossessione amoroso-omoerotica per il maestro. Il ragazzino, nel suo bisogno atavico d’una presenza mascolina incoraggiante, aulica, che lo faccia sentire libero, amato e migliore, indirizza le sue pulsioni sessuali verso Jean. Si ribalta il topos dell’antica παιδεία greca: l’allievo pretende dal maestro una iniziazione erotica. È lo sconvolgimento delle parti e della ragione. Vince l’istinto irrefrenabile, il contatto corporeo. La Petite Nature di Johnny si scuote, svelando il turbamento di una sessualità singolare, irruenta ed inattesa.
La linea espressiva del film, angosciosa e tesa sin dal primo frame, contrappone la fotografia monocroma e amara dei palazzoni abitati da Johnny al luminoso consolatorio tepore della casa del maestro. In questa atmosfera accentuatamente diseguale ed acuminata Samuel Theis (nella foto) colloca la potente, commovente storia di autodeterminazione umana del piccolo Johnny. Ne fa registicamente il solco psicologico centrale.
Johnny, nelle ultime scene del film, mostrerà di aver lasciato il pantano della sua vita, prima ancora che fisicamente, con la manifestazione netta e risoluta delle proprie intenzioni. Nella speranza di una reale progressione del proprio essere, ormai incapace di soccombere ad una realtà inerte superficiale e priva di prospettive. Proiettato nella ricerca di uno spazio confacente, che possa dirsi davvero proprio e personale, Johnny finirà con l’accogliere un io inedito.