Dieci minuti di applausi e ovazioni a scena aperta per il Macbeth di Emma Dante al teatro Massimo di Palermo. La Prima dell’Opera verdiana, seguita in diretta dai media nazionali, conquista anche il pubblico più esigente
L’Opera Macbeth di Giuseppe Verdi ha aperto, nella serata di sabato 21 gennaio, la stagione 2017 del teatro Massimo di Palermo. L’evento si è svolto all’insegna del glamour, nelle mise di volta in volta eleganti e stravaganti di spettatori e spettatrici.
E’ stata al contempo sotto i riflettori dell’intera nazione con una diretta su Radio3, sulla web tv del Teatro Massimo e sul sito del Comune di Palermo. Presenti anche le telecamere di Sky Classica dalle cui registrazioni, probabilmente, sarà poi tratto un dvd.
Pare che Giuseppe Verdi amasse molto Shakespeare e ne leggesse tragedie e commedie con grande piacere. Da questa sua passione l’idea di mettere in musica uno dei drammi più cruenti e sordidi del Bardo, ovvero Macbeth. Una scelta ardita, probabilmente dettata dai suoi 33 anni e dalla irrequietezza del suo genio, ma che con l’avvallo del fedele librettista Francesco Maria Piave divenne realtà nel 1847, con una premiére presso il teatro la Pergola di Firenze.
L’Opera non fu da subito molto apprezzata: troppo lontano dai gusti dell’epoca l’argomento fantastico trattato ed eccessivamente estrema la polarizzazione degli elementi negativi privi di possibilità di redenzione. Ma Verdi non volle metterla da parte e decise di presentarla nuovamente al pubblico nel 1865, questa volta a Parigi.
L’Opera fu rimaneggiata, rimodellata, per adattarsi ai “palati” del pubblico francese. Vennero inseriti alcuni balletti e un finale trionfalistico, con un brioso coro alla francese mentre Macbeth, traditore e tiranno, moriva fuori dalla scena. Giunse il successo ma l’Opera cadde comunque nell’oblio.
Macbeth fu ripreso dalla Scala di Milano nel 1952, con Maria Callas nel ruolo di Lady Macbeth, e l’Opera rientrò definitivamente in repertorio.
Ad aprire la stagione 2017 del teatro Massimo di Palermo è proprio il Macbeth di Verdi nella versione del ‘65, con la regia di Emma Dante e la direzione musicale del maestro Gabriele Ferro.
Una leggenda da palcoscenico vuole che il Macbeth di Shakespeare sia fonte di sventura per gli attori che si trovino a prendervi parte o interpretarne il ruolo. Superstizione o realtà, suona effettivamente sinistra l’indisposizione, alla vigilia della Prima, del baritono Luca Salsi (Macbeth del I cast) costretto a rinunciare alla recita e sostituito in corsa dal collega baritono Giuseppe Altomare (titolare del medesimo ruolo ma per il II cast ndr).
Che la maledizione che grava sul dramma shakespeariano abbia inglobato anche la versione melodrammatica verdiana?
Fatto sta, la struttura compositiva del Macbeth non lascia spazio ad aperture melodiche e non si illanguidisce in convenzioni da bel canto. Consente alla musica solo ed elusivamente la rappresentazione del male, che serpeggia in sordina e dilaga freddo deviando la morale dell’umanità.
E la freddezza musicale di quest’Opera si palesa, s’ impone, vestendo di volta in volta ritmiche diverse siano esse volte alla gaiezza, al funereo, all’eroico o all’angoscioso, e ciò avviene nonostante Gabriele Ferro ne abbia curato ogni singola sfumatura con premura teorica e ne abbia infuso i dettagli all’orchestra del Massimo nei termini di una millimetrica attenzione esecutiva.
Ad Emma Dante ed al suo valido entourage di supporto artistico (alle scene Carmine Maringola, ai costumi Vanessa Sannino, l’assistente alla regia Giuseppe Cutino, alle coreografie Manuela Lo Sicco, come maestro d’armi Sandro Maria Campagna e al light design Cristian Zucaro) il merito di aver dato alla ieratica oscurità di Macbeth un controcanto vivo e palpitante. La Dante ha portato avanti un lavoro molto intelligente, sostanzialmente basato sulle impattanti peculiarità organico-performative del suo collaudato registro espressivo, sapientemente amalgamate al metaforico, esoterico e pseudo religioso del libretto.
La Dante ha mosso, in prima persona, battaglia contro Macbeth l’ambizioso, fragile e capriccioso uomo destinato alla tirannide.
Ne ha scrutato l’insana dipendenza dalle furiose streghe, ingravidate da satiri infernali e pronte a partorire vaticini e terribili profezie in tutto simili a deformi neonati.
Ha subito svergognato la di lui crudele indole, facendogli cavalcare uno scheletro di cavallo. Ha tramutato i suoi stessi sicari in feroci orsi grizzly; ha permesso che venisse tormentato da fantasmi vibranti e danzati silfidi infuocate prive d’ombra e respiro ed ha lasciato che la foresta di Birnam si schiudesse ai suoi occhi nella sua più spietata e acuminata natura, una fitta macchia di pale di fichi d’India.
Lo ha infine portato alla morte in scena (come Verdi aveva previsto nella sua prima versione, quella italiana del ’47), sommergendolo di lucenti lame di spade, utensili della repressione e dell’omicidio che a lui si sono rivolti contro.
La sua sanguinaria consorte Lady Macbeth, folle amante del “Dio” Potere, viene invece fatta precipitare dalla Dante in un implacabile vortice di insonnia, ossessioni e sensi di colpa. La fine di Lady Macbeth, nella solitudine di un cielo stellato che ormai le è avverso, si protrarrà in soliloqui prospicienti la demenza, tra fatati letti ambulanti da degenza ospedaliera.
Che Emma Dante abbia trovato, nel suo modus operandi, l’antidoto all’antica maledizione scenica del Macbeth?
Molto della buona resa dell’Opera è stato dovuto ai cantanti. Prima tra tutti Anna Pirozzi, Lady Macbeth ferina e indomita; abbigliata di pelli e pelliccia alla maniera dei barbari e con i capelli rasati sulla fronte, ma lunghi e lisci dal centro del capo fin al fondoschiena.
Come Lady Macbeth, la Pirozzi ha aperto l’esecuzione della celebre romanza “la luce langue” seduta di profilo sulla scena e voltandosi verso il pubblico con uno sguardo tetro e spaventoso, degno d’un film di Kubrick. Convincente, multiforme e di grande effetto l’intera sua interpretazione vocale.
Giuseppe Altomare, nel ruolo di Macbeth, ha sfruttato l’inattesa vetrina sfoggiando al meglio le sue doti vocali e attoriali, gli si riconosce un fraseggio perfetto e nitido in ogni parte dell’Opera. Graditissime al pubblico a giudicare dai tanti applausi ricevuti, e certamente degne di nota, le voci quadrate e robuste del basso baritono Marco Mimica e del tenore Vincenzo Costanzo, rispettivamente nei ruoli di Banco e Macduff.
Grandioso l’apporto del coro del Teatro Massimo, con l’intero gruppo degli artisti letteralmente rapito dalla potenza espressiva della regia, e capace di restituire una performance quanto mai presente e immedesimata.
Ottimo l’intrecciarsi dinamico, vigoroso e iconico degli attori della compagnia Sud Costa Occidentale di Emma Dante con gli attori della scuola dei mestieri dello spettacolo del teatro Biondo e una delegazione dei danzatori del corpo di ballo del teatro Massimo tra quadri d’ensemble e baluginanti movimenti scenici.
Oltre dieci minuti di applausi e molte le ovazioni a scena aperta
Presente alla serata tutta la critica nazionale e alcune testate internazionali. Ospiti esimi il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti, il vicesegretario generale di Palazzo Chigi Salvo Nastasi e una folta rappresentanza del Governo regionale con il Presidente della Regione Rosario Crocetta e gli assessori al Turismo Antonio Barbagallo e all’Energia Vania Contrafatto.
Presenti anche il sovrintendente dell’Opera di Roma Carlo Fuortes; il sovrintendente del San Carlo di Napoli, Rosanna Purchia; il direttore artistico dello Sferisterio di Macerata, Francesco Micheli; il sovrintendente del Teatro di Ginevra, Tobias Richter; il sovrintendente della New York City Opera, Michael Capasso.
L’Opera replicherà ancora il 24,25,26,28 e 29 gennaio 2016 presso il teatro Massimo, maggiori informazioni su orari delle recite e costi dei biglietti sul sito del teatro Massimo. di Palermo.
Foto di Rosellina Garbo e Franco Lannino.