Debutta al Teatro Massimo di Palermo L’Opera Le Streghe di Venezia ; ispirata a una favola tratta dall’omonimo libro per bambini scritto e illustrato da Beni Montresor, venne commissionata dal teatro La Scala di Milano e musicata dal sofisticato e prolifico compositore dell’underground statunitense Philipp Glass, tra il 1994 e il 1995.
La prima assoluta andò in scena a La Scala nel dicembre del 1995, su libretto e per la regia, le scene e i costumi di Beni Montresor. Ciliegina sulla torta, si esibì in quell’occasione, insieme al corpo di ballo del teatro coreografato da Mauro Bigonzetti, anche la nostra grandiosa Prima ballerina assoluta Carla Fracci, nel ruolo della strega Madre. Tuttavia quel debutto fu accompagnato da una registrazione su nastro magnetico delle parti musicali e degli effetti sonori. Quasi vent’anni dopo quella Prima, l’Opera venne riscoperta da Guérin e Christensen (curatori della Philip Glass Recording Archive) e ne venne realizzata sotto la supervisione dello stesso Glass una nuova versione, più breve e maggiormente focalizzata sul pubblico infantile.
In seguito la Fondazione Musica per Roma (in co-produzione con il Ravenna Festival) commissionò a Glass un nuovo allestimento delle Streghe di Venezia, e questo fu realizzato inserendo al racconto di Montresor, alcuni testi e dialoghi dello scrittore e drammaturgo Vincenzo Cerami. Nell’ultima veste enunciata, l’Opera è presentata al Teatro Massimo, stavolta però l’arrangiamento è eseguito dal vivo da un ensemble di sedici musicisti (tastiere, flauti, clarinetti, violoncello e percussioni) diretti dal fascinoso maestro Francesco Lanzillotta.
Le Streghe di Venezia è una fiaba in musica, recitazione e danza; un’Opera giovane dalle mille sfumature e dal carattere immaginifico, tenero ed anarchico.
La trama accoglie nel suo divenire, il fraseggio e i solfeggi chiari e perfettamente legati dell’ amabile coro di voci bianche del teatro Massimo. Nel ruolo principale del bambino Pianta, il piccolo reietto che alla fine diventerà principe di Venezia, si distingue l’ammirevole Riccardo Romeo. La fata della Laguna, in versione Signora Minù su una tavola imbandita per la Prima colazione, e la Strega Madre, in chiave suocera venefica in tailleur bon-ton, sono interpretate entrambe dalla versatile soprano Gabriella Costa.
Streghe gracchianti in volo su scope di paglia e pronte a sottoporsi a torture onde rendersi più brutte, zombi (danzanti in stile Thriller di Michael Jackson), mostri a sei teste (nella vocalità polifonica e a cappella dei SeiOttavi) ed un orrendo Orco dalla sessualità ambigua, costituiscono l’incubo farsesco del Plot.
Se all’amore ed alla riconciliazione ci si piega per esigenze di copione (non tralasciando, però, la possibilità di strizzare l’occhio a temi di scottante attualità quale la mono o omo genitorialità con il Re di Venezia -l’ottimo Gianluca Bocchino che di questo ruolo ha grande esperienza- che dopo un primo tentennamento a causa della natura particolare del figlio -il bambino Pianta appunto- si riscopre amorevole e orgoglioso padre single del giovinetto) il finale si lascia andare ad una considerazione dolce-amara della vita esplicitata dalla domestica del castello, la mirabile soprano palermitana Valeria Tornatore, per mezzo dell’aria “la vita è dura ma un buon vino rosso, fa cantare”, ovvero la vita è difficile ma bisogna sforzarsi di osservarla e viverla cercando del buono in ogni sua parte.
Dell’Opera un’immagine colpisce e fa sognare: allorquando il bambino Pianta, trovata e liberata la bambina Fiore (la piccola deliziosa Carlotta Maestrini) dalle grinfie metaforiche ed implacabili della luce che acceca, vola via insieme a lei nel cielo azzurro tra le braccia del vento (l’espressivo mimo Giovanni Prosperi) sulle ali di un uccello costruito con l’intreccio di rami secchi e cespugli fioriti.
L’Opera si sostiene su un’architettura musicale elettronica e minimalista, densa altresì di leitmotiv in stile cinematografico (la canzone del bambino Pianta “sono un bambino, non sono una pianta”) e frasi di partitura dalla naturale predisposizione alla implosiva ripetitività. Versi declamati e cantati sembrano farsi vicendevolmente la riverenza lasciando spazio, allo stesso tempo, a improvvise linee di coloritura e ad una sorprendente amalgama di mormorii dalla mutevole ritmicità. Ed è ancora l’ingegno di Giorgio Barberio Corsetti a dettare legge e stupire in fatto di regia: con l’utilizzo del Chroma Key nello svelamento progressivo dei suoi trucchi, nel farsi dello spettacolo, e con le sue prodezze visive atte a far fiorire, sul grande schermo, i mondi onirici, buffi, lirici e spaventosi della fiaba come in un cartoon di casa Disney.
Sicuramente se lo spettacolo fosse stato destinato alla fruizione mattutina degli allievi delle scuole, sempre più recettivi e curiosi, avrebbe riscosso ben più favore e applausi. E’ un Opera dalla finezza e dal divertimento infantile e leggiadro, adatta ad essere compresa ed amata da chi ha ancora in sé qualcosa del ‘fanciullino’ di Pascoli; eccessivamente contemporanea e celestiale per essere apprezzata da un pubblico istituzionale che vorrebbe fare del teatro Massimo, peraltro lodevole in quanto a vitalità e ricerca, una mesta cripta.
Le Streghe di Venezia
Opera in due atti
Direttore: Francesco Lanzillotta
Regia: Giorgio Barberio Corsetti
Scene: Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti
Luci: Gianluca Cappelletti
Costumi: Marina Schindler
Assistente alla regia: Fabio Cherstich
Ideazione e realizzazione Video: Igor Renzetti, Lorenzo Bruno, Alessandra Solimene
Maestro del Coro di voci bianche: Salvatore Punturo
Per altre info consultate il sito del teatro Massimo di Palermo
Repliche ancora il 30 Aprile, e il 3, 4, 5 Maggio 2016.
Articolo ben strutturato che cerca di descrivere con precisione ogni minima sfaccettatura e sfumatura di un’opera eseguita proprio in questi giorni al teatro massimo di Palermo, tuttavia spero vivamente che chi scrive abbia perlomeno assistito dal vivo alla stessa e che codesto articolo non sia il semplice frutto di un incarico affidatogli per elogiare un prodotto, a mio parere di bassa qualità concettuale. Se L’autore fosse stato realmente presente in sala si sarebbe di certo reso conto della presenza di quindici musicisti e non solo di sei.
Sperando quindi in un semplice errore di battitura confido sul fatto che articoli di questo genere, essenziali per far conoscere l’arte anche a chi non ha la possibilità di fruirne, vengano redatti da persone realmente presenti sul posto.
Saluti
Gentilissima Manuela, ti ringraziamo per aver espresso la tua opinione.
Abbiamo il piacere di informarti, a scanso di equivoci, che nessuna delle nostre critiche teatrali è commissionata o scritta senza aver assistito alla pièce. Il nostro critico teatrale Enrico Rosolino ha assistito alla Prima dell’Opera in questione, andata in scena al Teatro Massimo di Palermo.
Ti basterà, ovviamente, contattare l’ufficio stampa del teatro per fugare ogni dubbio.
Stiamo, tuttavia, verificando con il Teatro Massimo stesso il particolare sul numero dei musicisti, che potrebbe essere stato incrementato dopo la Prima.
Ti faremo sapere al più presto.
Gentile Sabrina
Il mio commento era piuttosto chiaro, non ho mai affermato con assoluta certezza che la critica in questione fosse stata commissionata, da qui l’uso della parola “spero” all’interno della frase “spero che chi scrive abbia perlomeno assistito alla stessa”.
Concludo quindi dicendo che il mio commento era scevro da qualsivoglia tentativo denigratorio nei confronti del vostro operato ma,in qualità di lettrice, avevo il dovere di rettificare e il diritto di avete dei dubbi.
Cordiali saluti
Gentile Manuela
L’organico dell’orchestra era in realtà ridotto, poiché si è trattato d’Opera Contemporanea. SEDICI era il numero esatto dei musicisti.
Che l’orchestra fosse ad organico ridotto era ben chiaro tuttavia,prima del mio commento e quindi prima della vostra rettifica,nell’articolo era sottolineato che l’orchestra presente fosse composta da soli sei musicisti,da qui scaturiva il dubbio che chi scrivesse non fosse stato presente.