È lo spettacolo nonché la produzione di punta della stagione 2018- 2019 “(De) generazioni” del teatro Biondo di Palermo. La Tempesta, celeberrimo dramma teatrale di William Shakespeare, per la regia intimista eppur grandiosa (nell’allestimento) di Roberto Andò con un cast stellare e ben amalgamato.
Shakespeare, esimio notissimo autore, riferimento e simbolo della letteratura teatrale internazionale. Un oceano immenso e profondo ma per lo più sondato, esplorato. Sviscerato fin nei suoi anfratti reconditi, da ogni singola nuova generazione di creativi. E con lui i suoi drammi e le commedie Romeo e Giulietta, La bisbetica domata, Otello, Amleto, Macbeth, La Tempesta.
E proprio ne La Tempesta il teatro Biondo di Palermo spiega ancora una volta le sue vele. È l’ennesima indomita sfida alla potenza granitica e pervasiva di un canto, l’ultimo per intero di sua mano, del Bardo. E dunque Shakespeare appare come l’estremità cava del lungo collo d’un imbuto, e le sue opere un fluido fosforescente di poesia e filosofia che argomentando concentrici finiscono inesorabilmente con l’esaurirsi.
Nel mare sconfinato del già affrontato e realizzato, si può comunque tentare la strada della personalizzazione teatrale. Ed è esattamente il sentiero percorso dal regista Roberto Andò.
Dunque l’isola, entro la quale vivono l’anziano Prospero e la giovane Miranda è una piccola stanza, umida e dal fatiscente mobilio retrò, di un sottoscala. Rifugio prigione ed esilio, luogo raccolto e intimo, isola della mente nel bel mezzo di un cuore tradito e disilluso… quello dello stesso Prospero. Quella stessa Isola, ove le piogge della tempesta lasciano penetrare rivoli d’acqua dal tetto e dalle tende sollevate, e che si riempie come lago nel quale i personaggi sguazzano e trascinano i piedi. Un isola che richiama la Sicilia, in rovina e sprofondata nel suo stesso mare, ferma negli abissi in attesa di conciliazione.
La regia di Andò passa attraverso la singolare e distorta visione degli eventi e le introspezioni che caratterizzano Prospero. La regia teatrale si fa arte magica dello spodestato e anziano Duca di Milano. Andò e Prospero vengono così a coincidere sulla scena. A consentire ciò la solennità ammaliatrice e grandattoriale di Renato Carpentieri. Dizione nitida, gestualità minimale e concentrata ma incisiva, immedesimazione multiforme.
Prospero fa ruotare gli ingranaggi della sua esistenza e ruota a sua volta con loro, pur rimanendo al loro interno cardine fisso. L’abiura alla magia segue la nuova sincronizzazione del suo mondo interiore con quello esteriore. Se ne descrive la complessità allorquando, usciti i piedi dall’acqua e rivestitosi della comodità rassicurante della borghesia, torna al suo ducato (il proscenio) e seduto ad uno scrittoio fuma, quieto come un pensionato. Prospero finalmente pacificato dalla frenesia del teatro e dalle sue infinite macchinazioni può abbandonarle, rinunciare al loro potere, onde riappropriarsi della confacente calma riflessiva del pensatore.
In questi luoghi familiari si dischiude il mondo della fantasia, quello dello spiritello d’aria Ariel e del mostruoso orco Calibano. Personaggi che sgorgano da un libro di fiabe, rimasto aperto sul comodino,prendendo sembianze umane.
Lo spiritello Ariel è il maggiordomo, il valletto, il tuttofare fidato, leggiadro e amabile di Prospero. Davvero secondo le intenzioni dell’Andò la personificazione della “nostalgia dell’umano” nell’esiliato Prospero. Ariel eccelle nell’interpretazione saettante, tenera, evocativa e immaginifica di Filippo Luna.
Calibano, l’orco orrendo figlio della strega Sycorax, è un bimbo ritardato, tanto animalesco quanto ingenuo, goffo e incline alla sorpresa. Signore originario dell’isola, essenza grottesca e primitiva dei luoghi domestici. Sull’isola sarà alla fine abbandonato da tutti, istinto reietto rimosso nel fondo della psiche. Calibano è perfetto nelle carni corpulente e toniche di un iper espressivo e riconoscibilissimo Vincenzo Pirrotta.
Ad accompagnare Prospero la bella figlia Miranda a cui si aggiungerà il prescelto principe napoletano Ferdinando.
Giulia Andò, è la duplice figlia del regista in cabina e del protagonista in scena. Femminea figura imprigionata nella condizione unica e immutabile di figlia, tuttavia ribelle nell’oltrepassare con veemenza la finestra stretta della sua stessa immaginazione. Una Sirenetta a cui, infine, si concede lo sfogo dei sensi e dei sentimenti e se ne consacra sulla platea l’espressione artistica. Miranda è vissuta dall’attrice con vigore, passione e dolcissima persuasività. Nel principe Ferdinando, ben più stereotipato nelle sue linee da innamorato, svetta un audace e sensuale Paolo Briguglia. Piacevolmente sospirosi e lirici, gli incontri romantici tra i due giovani. Il tocco di rosa, che mai dovrebbe esser tralasciato.
Di grande rilievo, altresì, i comici. Le spalle possenti di uno testo che, è bene ricordarlo, riprende forme e toni della commedia romanza. Sono Stefano e Trinculo, marinai rozzi della nave naufragata. Per Andò un napoletano ed un siciliano, figure che accoppiano felicemente il gorgogliare colorito del dialetto ad una mimica eccitata popolare e caratterizzata. Il vizio e il piacere, dell’azione in scena come dello spettacolo in sé. Nei ruoli dei due marinai, disonesti ed ubriaconi, gli esilaranti Paride Benassai e Gaetano Bruno.
La Tempesta di Roberto Andò è da annoverarsi tra gli spettacoli della tradizione, necessari poiché pregni di un innegabile valore pedagogico. Una nuova applauditissima ribalta per Shakespeare che tuttavia, pur rincorrendosi e arricchendosi della regia, dei segni, dei sensi, del cesello e delle altrui citazioni, torna nuovamente ed immancabilmente a parlare di sé.
Repliche, presso il teatro Biondo di Palermo ancora il 11,12,13,14,15,16 di Dicembre 2018.