È un ritorno al presente, alla gioia della riscoperta e all’ammirazione del pubblico, la proiezione di The wild nights with Emily della regista newyorkese Madeleine Olnek. Nella sezione Panorama Queer del Sicilia Queer FilmFest.
La Emily del titolo è la Dickinson, sublime poetessa americana vissuta tra la metà e la fine dell’ottocento. Olnek ne racconta cinematograficamente l’essenza più segreta. Ne svela l’anima innamorata e le pulsioni carnali. Emily, la reclusa, la zitella, la poetessa perennemente seduta al suo scrittoio, diviene finalmente una donna viva, un essere umano di carne e sangue. Olnek la emancipa dalla sua fama di essere mitologico.
Alla base di un tale disvelamento le lettere d’amore, brucianti, appassionate e delicate scritte da Emily a Susan Gilbert, amica d’adolescenza, poi sposa del fratello William Austin, dunque cognata, nonché vicina di casa. Un amore ricambiato, tenero, spesso anche punteggiato di momenti ilari e divertenti, mai tragico. Susan ed Emily vivono del reciproco piacere dei loro baci furtivi tra il salotto e la cucina. Si lasciano cullare dalla tenera affettività di lunghi rilassati pomeriggi, trascorsi nello stesso letto, in déshabillé.
L’attrice statunitense Molly Shannon restituisce un ritratto della Dickinson tanto lirico, quanto vivido, brillante, arguto, finanche macabro. Olnek guida l’attrice con leggiadra concretezza e senso autentico della vita. La spinge ad una immedesimazione realistica, in grado di trascendere le gonne ampie, i corsetti e le crinoline. La Dickinson di Molly Shannon è catalizzatrice, palpitante d’una personalità acuta, autonoma ed evoluta.
Le lettere d’amore che Emily scrisse a Susan, furono rese note postume dalla scrittrice ed editrice Mabel Todd. Fu ella ad epurare, deliberatamente, tanti di questi scritti autografi del nome di Susan.
Mabel Todd, divenuta l’amante del fratello di Emily, si vide sempre rifiutare l’amicizia, o anche solo un mero incontro dalla poetessa. Ella stessa riconobbe di averla vista in volto solo nella bara. Pare che la sua furia censoria nei confronti della relazione tra la Dickinson e la Gilbert fosse stata una diretta ripicca all’insoddisfatto desiderio di divenire ella stessa la prediletta della poetessa.
L’attrice Amy Lynne Seimetz profonde al ruolo di Mabel Tood un perversa allure da esperta manipolatrice, arrotondato tuttavia dai toni distesi e signorili quanto colmi di ipocrisia della società puritana dell’epoca e dall’aggraziata bellezza del suo viso botticelliano. La costruzione, da manuale romanzesco, dell’antagonista prepotente d’un amore.
Al contrario l’attrice Susan Ziegler disegna il personaggio di Susan Gilbert a mezzo d’una delicata armonia di gesti e sguardi, pervasi da un ben espresso e complesso moto di sentimenti ora fisici, ora languidi, ora devoti, talvolta protettivi. La diretta risposta dell’amore, e d’una sostenuta confidenza, alla soverchiante ingerenza del mondo esterno.
Un mondo esterno che esiste, ma con il quale Emily sente di non aver molto a che fare. Un mondo abitato da una società che non la comprende sino in fondo, tanto da prendere per buone le parole di Mabel e farne verità e verbo, tradendola.
Olnek immerge dunque la sua Emily in un piccolo cosmo dove convivono luoghi onirici, ameni, celestiali talvolta drammatici, zampillanti dalle parole delle sue stesse poesie e luoghi reali, naturali e domestici, in cui l’intimità si fa anima, colore, gentilezza e manifestazione corposa ed impaziente dei sentimenti.
Un cosmo di cui la poetessa, letteralmente ricoperta di piccoli poemi appuntati su pezzetti di carta ( nascosti nella cintura della gonna, nelle maniche della camicetta e nello chignon), è vate. Un cosmo che la accetta e la valorizza al contrario del mondo esterno che, sempliciotto, rifiuta di pubblicare le sue liriche perché non in rima, prive di titoli e di un certo patetismo di gran voga.
Il titolo del film The Wild Nights with Emily è direttamente ispirato ad una breve poesia della Dickinson “The wild nights”. La lirica, composta nel 1862, ha catturato l’immaginazione dei lettori per molti decenni. Essa si concentra sul rapimento, l’estasi derivante da un unione amorevole e appassionata. La Olnek pare l’abbia scelta per rendere ancor più incisivo il parallelismo tra la Emily donna, trascinata da sentimenti e pulsioni, ed il suo librarsi poetico.
Il film uscito nel 2019, dopo la sua nuova premiere al Sicilia Queer FilmFest, ritorna sino all’8 giugno in quindici sale italiane grazie alla agenzia di distribuzione reggina CineClub internazionale.
A presentare The Wild Nights with Emily al Sicilia Queer FilmFest la stessa Madeleine Olnek.
La regista ha narrato di quanto poco, in precedenza, avesse nutrito interesse nei confronti del personaggio di Emily Dickinson; considerandolo rigido triste e avulso dal mondo. Ma di come però la sua attenzione fosse mutata allorquando alcune ricerche, condotte a mezzo della tecnologia foto-riflettente sulle lettere d’amore autografe della poetessa, lasciavano trasparire il nome di Susan”.
“Fu uno scandalo per gli ambienti accademici, come la Harvard University, che credevano di conservare la effettiva memoria storica di un così importante personaggio letterario nazionale” ha raccontato Olnek. “Uno scandalo pari alle rivelazioni che misero in luce la relazione carnale del presidente Jackson con uno schiavo” chiosava.
“Mi resi conto che su Emily Dickinson molto era stato scritto, persino sugli aspetti più futili della sua esistenza, per esempio le ricette; ma di quanto mai nessuno avesse voluto approfondire i termini della sua storica amicizia con Susan. Il mio film vuole porre in scena quella Emily, nel pieno corso della sua vitalità umana e amorosa, così come si espone nelle lettere: sensuale, dolce, divertente persino osé”.
E conclude “la Emily Dickinson del mio film ha shockato l’ambiente accademico da cui ha preso piede e fonti, ma allo stesso tempo trovo che il celato nome di Susan abbia salvato l’opera intera di Emily Dickinson dalle paranoie maccartiste dei primi anni 50”.