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La Komoco company della coreografa Sofia Nappi ospite gradita Festival di Segesta 2023

Giovane talentuosa, eterea e cristallina, la coreografa Sofia Nappi porta, sulla σκηνή del teatro greco di Segesta, la sua Komoco Company.

I capelli corti, corvini, il viso tondo e minuto, lo sguardo soave e sognante. La coreografa Sofia Nappi si presenta al pubblico del teatro greco di Segesta con l’eleganza tipica delle giovani di gusto e di sensibilità. L’intelletto, chiaro e fulgido, traspare nella voce calibrata, nitida e leggera e nelle parole usate per descrivere il suo lavoro, scelte, terse mai ridondanti.

Sofia Nappi è una ragazza, dal fisico snello e le membra aggraziate, ma il suo curriculum vitae racconta una artista di talento, dalla formazione prestigiosa ( il diploma all’Alvin Alley American  Dance Theater) ed i tanti, recenti, riconoscimenti e risultati. Nappi ha fondato la compagnia Komoco nel 2020, durante le restrizioni necessarie ad arginare la pandemia da Covid19.

Nappi ne è l’ideatrice artistica e fulcro vitale. A credere nel progetto Komoco e dargli il giusto risalto  la storica associazione Sosta Palmizi. Vero e proprio incubatore di esperienze artistiche, sovvenzionata dal MIC ed ente Art Bonus.  

Di cotanta soave presenza si fregia il Segesta Teatro Festival 2023. E ben due sono i lavori che Sofia Nappi propone al pubblico: Il duetto, tutto maschile, Dodi ed il quintetto, Ima. Due coreografie narranti, da manifesto ed intento, l’esistenza umana nel suo peregrinare tormentato e desideroso al contempo di libertà.

Il primo lavoro coreografico Dodi si apre con un carillon, ondeggiante, di figure maschili spalla contro spalla. Sono i danzatori Paolo Piancastelli e Adriano Popolo Rubbio, “le mie muse inspiratrici” così le descrive la stessa Nappi . I due ruotano lenti leggeri, le braccia conserte in un auto abbraccio, l’uguale altezza ed i piedi larghi lunghi e flessibili. I danzatori si spalleggiano per poi, poco a poco, ampliare il moto in una danza ove il ritmo dei loro corpi, punteggiato e scosso da un break bit, seppur inverso al ritmo della musica vi ricade all’interno con assoluta totale fluidità.

Un continuum in controtempo, dunque, che si corrobora di forma nelle pose avvinghiate del tango, nella fluidità stilizzata e concentrica delle danze folkloriche, negli congegnati  e fulminei passaggi del hip hop e nei vezzi della tecnica classica accademica. Ma di codeste forme rinuncia, volutamente all’eccesso, ne screma la pervasività in una reciprocità espressiva d’intenti. L’ interiorità in divenire che ricerca una consapevolezza fisica, autentica e dimostrativa.

Il secondo lavoro, IMA è cosa ben più complessa e articolata. In giapponese IMA è il momento presente, in ebraico ed in aramaico IMA indica, invece, la madre nella sua accezione di rinascita e rinnovamento. Così è spiegato il titolo nel libretto messo a disposizione del pubblico.

In danza Sofia Nappi assembla questi due significati, ne rimodella i connotati, lasciandone fiorire una personalissima interpretazione, lontana da schemi e stilemi. Ima è il tempo presente, tenero e celestiale, di un quintetto, di anziani. I danzatori, infatti, appaiono in scena indossando maschere dai volti rugosi, tra il serafico e l’accigliato a seconda di come e quanto le luci li sfiorano. Il loro è un ensemble coreutico tenero e poetico, che  li vede vibrare e sfarfallare come trepide e fragili marionette su J’attendrai di Rina Ketty. 

È un tempo presente indefinito, che si perpetra nel lirismo giocoso dell’innocenza della vecchiaia. Tempo presente che tuttavia tramuta nella crudezza dell’epoca del distanziamento, nella solitudine dei corpi e della loro emotività. I danzatori perdono la dolcezza dei loro personaggi per riappropriarsi del loro vissuto angoscioso e del loro sembiante fisico, di giovani uomini e donne. Si affrontano, Valentin Durand (il biondo focoso) e Gonçalo Reis (l’altero bruno), si sfidano senza mai toccarsi contrapponendo spalle, braccia e petto in una ritmica isolazione.

L’ensemble intanto, fluttuando da una parte all’altra della scena, si diluisce e condensa in schiera e scacchiera. Le due donne del gruppo Lara di Nallo e India Guanzini,  spesso lo tranciano di netto. Come rondini rivoltose che rompono uno schema di volo dello stormo. Di Nallo, ne attraversa la formazione con passo quadrato, autorevole, e lo sguardo di sfida rivolto al pubblico. Guanzini invece lo circumnaviga con una funny walk bambinesca, tutta saltelli a gamba piegata e allungata, con le braccia libere e dondolanti lungo il corpo.

Personalismi, piccoli duetti, giri di walzer (uomo-donna/uomo-uomo) che si distaccano dal gruppo e ad esso si  amalgamano nuovamente in un flow omogeneo. Il distanziamento che resta tuttavia tale, nell’ultimo istante di luce sul palco, anche se i corpi dei cinque danzatori sono vicini gli uni agli altri. Le loro pose, flessuose, un implorazione di rinascita al cielo.

Sofia Nappi si distingue per la coerenza pura e geometrica della sua costruzione ed idea coreografica; questa sovente permeata da un linguaggio coreutico complesso, elaborato e allo stesso tempo mutevole e naturale. La sua arte, tenera e veemente al tempo stesso,  è da attenzionare per il futuro creativo prossimo venturo.

 

Enrico Rosolino

Enrico Rosolino apre il suo cuore al mondo delle arti alla tenera età di 2 anni, allorquando assiste alla proiezione cinematografica del lungometraggio animato di Walt Disney, Biancaneve e i sette nani. Ha inizio così un lungo percorso di scoperta e apprendimento nel variegato e sfaccettato mondo delle arti. Da piccolissimo si appassiona alla recitazione. Negli studi pone molta enfasi e impegno nelle materie umanistiche e, dunque, sceglie un liceo Classico. Durante l'adolescenza si diletta nella lettura ed interpretazione -a voce alta- dei classici greci. A 15 anni si avvicina concretamente al mondo della danza. Prende lezioni di balletto classico per 12 anni, e ad anni alterni segue dei corsi di danza moderna e contemporanea. L'arte coreutica diviene la sua più grande passione e territorio prolifico di ricerca. Si laurea allo STAMS di Palermo, e si specializza al DAMS di Bologna. Nel capoluogo emiliano affina e porta a più completa maturazione le sue conoscenze e il suo senso estetico e critico d'ambito teatrale. Viaggia molto, visita Parigi, New York, Londra, Barcellona, Copenaghen, Boston, Atene e molte altre città del mondo godendo di un approccio diretto e sentimentale con le di loro bellezze artistiche e culturali. Vive attualmente a Palermo e coltiva moltissimi interessi nei più svariati contesti. Da giugno del 2021 è iscritto nell'elenco dei giornalisti pubblicisti presso l'Ordine dei Giornalisti di Sicilia, per Verve si occuperà della rubrica dedicata al Teatro, alla cultura, e agli eventi dal vivo.

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