Congiunzioni filosofiche per le danze di Silvia Giuffrè che sfuggono alla tirannide del tempo. Animaleschi movimenti in contrappunto per la Donna Puma e le sue evoluzioni
Alla danzatrice e coreografa Silvia Giuffrè è stato dedicato il quarto appuntamento della rassegna Passaggio a Sud. Titolo della performance La Donna Puma, un soggetto enigmatico, ambiguo e bifronte. A compiere la scena un corposo ed intricato progetto coreo-filosofico basato sulla concezione di “tempo dell’anima”.
Tempo dell’anima, inteso come durata d’un processo che si organizza in uno spazio intimo, interno. Così come teorizzato dal filosofo Henry Bergson. Non una mera ispirazione per la Giuffrè, ma un vero e proprio stato dell’esistenza. Si rintraccia, dunque, una relazione viscerale tra la realtà dell’artista e l’elemento coreutico sulla scena. Un’invidiabile congiunzione astrale di concetto e fisicità.
Della Giuffrè conosciamo innanzitutto, e molto da vicino, il corpo sinuoso, tonico ed energico. Una presenza nervosa tra la platea. Sulla scena saranno poi le sue forme nette, come ombre chiare nell’oscurità, a condurci nelle profondità della coreografia.
Danza come racconto di un dolore contorto e soffocato, danza come rievocazione affezionata delle pose di Isadora Duncan, danza come personificazione bipolare d’un individuo e del suo carattere. Danza contemporanea avviluppata ed espressiva, capace di interagire in empatia con il pubblico. Il viso della Giuffrè è lirico, le membra armoniche e concentrate sull’eloquenza estetica del movimento e del gesto.
Silvia Giuffrè è ipnotica. Una danzatrice a tutto tondo, forte di tecnica classica e puntigliosa nell’elaborazione creativa del linguaggio contemporaneo. Un portento. Le sue posizioni fetali si aprono in movenze fluide e virginali, le braccia come ali di cigno lasciano spazio al ferino del Puma. La Donna Puma vive un tempo instabile, ciò la distoglie dall’interiorità onirica e la rende cruenta. La gatta morta e il minaccioso felino selvatico.
Il tempo della scena viene a coincidere con il tempo della Giuffrè artista. E’ la mestizia anonima di una donna dentro un’immensa metropolitana, la grazia eterea di una grande ballerina accademica. Si assiste, dunque, all’avvicendarsi metaforico e muscolare dell’Io tra le iperbole proprie al tempo dell’anima e le spire del tempo reale. Visivamente è la composizione studiata di una danza dell’interiorità e l’improvvisazione, strutturata su vagheggiamenti neutrali e fascinosi di rumori e musiche (Gabriele Giambertone e Giuseppe Rizzo alla console di scena).
Dentro e fuori. Le teorie filosofiche di Henry Bergson scandite nel linguaggio dei gesti. La Giuffrè che veste elegantemente in rosso, e sulle spalle pone uno spolverino bianco a fiori colorati in rilievo. Pubblico e privato, interiorità ed estetica, etichetta ed introspezione.
L’accostamento può apparire forzato, ma ricorda la Melania Trump di questi ultimi giorni. Lo stesso tempo dell’anima in uno spolverino bianco a fiori multicolori in rilievo. Vicina e lontana dal malevolo tempo dell’oggi e dalle sue prepotenze, in una condizione voluta e subita.
Silvia Giuffrè si mette a nudo, spacca la quarta parete e con l’ausilio della parola rivela che “Si, la sua essenza vive del tempo dell’anima. Un tempo fatto di respiro, pensiero e movimento, ma per vivere nella società è necessario abbracciare il tempo reale, quello tirannico e mostruoso. Uno sforzo sovrumano che richiede, un caffè”.
La Donna Puma è andato in scena presso la sala Strehler del teatro Biondo di Palermo, nell’ambito della rassegna dedicata alla danza contemporanea d’autore, il 24 e 25 Maggio del 2017.
Fotografie di Lorenzo Gatto e Giancarlo Marcocchi.