Al teatro Massimo di Palermo è di scena il Trittico Contemporaneo. Grande danza d’autore per un balletto d’immenso pregio artistico. Una produzione gioiello, purtroppo eclissata agli occhi del pubblico dai travolgenti titoli operistici (Traviata e Tosca) che l’hanno preceduta.
L’errore si è forse annidato nel titolo, quel “Trittico Contemporaneo” dal suono appuntito ed intellettuale, forse poco attraente per i più. O, verosimilmente, non si è adeguatamente valutato il periodo poco favorevole entro cui lo spettacolo è stato inserito, ovvero la Settimana Santa tra giorni feriali e ponti imminenti.
Sarà stata la scarsa pubblicità fatta allo spettacolo. Fatto sta, la Prima dell’ottimo balletto “Trittico Contemporaneo” nella serata di martedì 11 Aprile, ha visto la sala del Basile semivuota.
A disertare sia il pubblico occasionale, che molti tra gli abbonati
Nella mestizia generale di reale interesse e di curiosità, si è potuto comunque far affidamento sulla perspicacia e la appassionata dedizione di un’ irriducibile compagine umana composta da amatori, fruitori attenti e studiosi dell’arte coreutica.
Sventatezza del grande pubblico a parte, sulla scena del Massimo è stata scritta un’ importante e luminosa nuova pagina nella storia del nostro Corpo di ballo. Il merito è tutto dell’illuminato coordinatore dell’ensemble Marco Bellone.
Ad imperare sulla scena la fenomenologia della danza contemporanea d’autore, ossia quell’amalgamarsi d’azione e concetto in grado d’arricchire modalità e forme proprie del balletto con le concatenazioni e contaminazioni usuali al teatro-danza ed alla performance. Il tutto strutturato in un suggestivo divenire piramidale di toni, colori e atmosfere nelle creazioni di tre valentissimi coreografi coevi.
Solida base di una sì pensata piramide coreutica Water Game del torinese Matteo Levaggi (coreografo residente al Massimo per la stagione corrente ndr). Pulsante cuore drammaturgico della serata il Walking Mad dello svedese Johan Inger. Brillante puntale di chiusura le Sechs Tanze mozartiane del ceco Jiří Kylián.
Per l’inedito Water Game (sull’incalzante musica minimalista di Michael Nyman ndr) il coreografo Matteo Levaggi studia e propone movimenti dalla fluidità esponenziale in aggiungere e sottrarre, accarezzare e scagliare. Tutto ciò è modellato sugli elastici e ricettivi corpi dei danzatori in un susseguirsi di dinamismi sinuosi e frenetici, talvolta ossessivi, come fossero reazioni chimiche di laboratorio.
Liquidi e gas in espansione ma anche lapilli, sabbie, nebulose e ceneri, liberi di conquistare lo spazio scenico e la dimensione vitrea dello spazio extra sensoriale. In definitiva, si assiste ad un balletto dall’astrattismo definito e minuzioso, anche quando sbrigliato nei termini della libera interpretazione di ciascun danzatore. Fisica pura applicata ai vagheggiamenti dell’arte.
Pezzi noti e repertoriati, benché alla loro prima volta sulle scene del teatro Massimo, Walking Mad di Johan Inger e le Sechs Tänze di Jiří Kylián.
Walking Mad è una coreografia del 2001 creata da Inger per il Nederlands Dans Theater, poi ripresa ovunque tra Europa e America sull’onda di un imperterrito successo di pubblico e critica. L’atto unico vede convulse e poetiche interazioni danzate svolgersi intorno ad un muro ligneo, monolite mobile, oggetto vivo e partecipe nonché simbolo di emozioni e sentimenti autentici, vorticosi, compressi, sviscerati e inespressi.
Walking Mad si apre con la disgregazione del Bolero di Ravel adattata agli inganni e alle impudenze del corpo, alle ombre della solitudine e all’urlo silenzioso dell’Io. Vi si contrappone l’iridescenza della composizione Für Aline di Arvo Part, sulla quale si dispiega un pas de deux dalla potenza visiva Contemporany melò coniugata in una corporeità interiorizzata tremolante e allo stesso tempo tesissima.
Le Sechs Tänze (nella traduzione dal tedesco sei danze ndr) è una coreografia di Jiří Kylián risalente addirittura al 1986.
Si tratta di un piacevolissimo acquerello, ilare ed ironico, della mutevole e per molti aspetti ridicola società settecentesca. Visivamente una schiera di cortigiani, cicisbei e dame truccati e imparruccati, ma in mutandoni e sottovesti, impegnati in un esistenza irrisolta.
Nell’idea coreutica è un divertissement lieve e brillante, attraversato talora da un pungente erotismo androgino, e lasciato sfumare sotto una pioggia di bolle di sapone. Un balletto in cui la tecnica classica, rarefatta infantile e giocosa, materializza un rapporto privilegiato e consequenziale con le Sei danze tedesche KV 571 di W. A. Mozart.
Lodevole l’intero corpo di ballo del teatro Massimo, coeso come ensemble e abilissimo nell’assimilare e restituire compiutamente i tre differenti stili propri al linguaggio coreografico di ciascun brano rappresentato.
Splendida la forma fisica e l’energia che i danzatori hanno sfoggiato dinnanzi al pubblico. Fra le donne hanno brillato, Romina Leone, Yuriko Nishihara, Francesca Bellone e Giorgia Leonardi. Ha colpito il vigorosissimo ritorno alla scena della ballerina Lucia Ermetto dopo la recente maternità. Tra gli uomini l’elogio non può non esser rivolto a Michele Morelli, con lui anche Manuel Barzon, Riccardo Riccio e Alessandro Cascioli.
Per le foto di scena del Trittico Contemporaneo si ringraziano sentitamente Rosellina Garbo e Franco Lannino.