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Il Mercante di Venezia al Globe Theatre di Roma

Prosegue senza sosta la programmazione del Silvano Toti Globe Theatre che porta in scena Il Mercante di Venezia, proseguendo con successo nella rievocazione della drammaturgia del Bardo; per l’occasione in chiave Belle Epoque. Fino al 10 settembre

Il Globe Theatre di Roma, teatro che ricostruisce filologicamente il Globe Theatre di Londra, il più famoso teatro del periodo elisabettiano, porta in scena la celeberrima opera teatrale di Shakespeare, Il Mercante di Venezia. L’abbiamo visto e recensito per voi.

Il nucleo:
Il mercante veneziano Antonio chiede all’ebreo Shylock un prestito di tremila ducati a tre mesi per sovvenzionare il viaggio a Belmonte dell’amico Bassanio innamorato della bella Porzia. Shylock chiede in caso di inadempienza una libbra di carne di Antonio prelevata vicina al cuore del mercante. Un contratto grottesco e assurdo che Antonio firma, sicuro che le sue tre navi torneranno molto prima della scadenza del contratto per ripagare il debito, e forte dell’amore viscerale che prova per l’amico.

A Belmonte Porzia deve destreggiarsi con il volere di un padre defunto che ha messo la propria figlia come premio di una lotteria che consiste nella scelta dello scrigno giusto su tre disponibili.  

Solo il pretendente più saggio la prenderà in sposa. Chi sbaglierà non potrà più chiedere la mano di nessun’altra donna sulla faccia della terra.

Senza voler nulla togliere a Shakespeare dobbiamo dire che tutti e due gli espedienti drammaturgici sono ricavati da precedenti pubblicazioni. Quello della libbra è tratto dal Pecorone, modesta raccolta di novelle di Giovanni Fiorentino pubblicato nel 1558 che non era ancora tradotta in inglese al tempo del Mercante. È uno dei motivi che alimenta le teorie secondo cui il Bardo fosse in realtà italiano. Mentre il tema degli scrigni dalla medievale Gesta Romanorum.

il mercante di venezia

A lungo si è pensato che Il Mercante di Venezia fosse incentrato sulla figura dell’ebreo. La questione ebraica in Europa è stata sempre presente, fino ad arrivare alle estreme conseguenze della seconda guerra mondiale. Anche in età elisabettiana era un tema caldo, tanto che anche un altro pilastro inglese del teatro, Marlowe, mise in piedi, prima di Shakespeare, il suo “l’Ebreo di Malta”.

Shakespeare ne Il Mercante di Venezia non indaga solo sulle ragioni dell’ebreo, ma anche sul comportamento dei cristiani che lo condannano i quali non sono migliori di lui. Antonio non perde occasione per chiamarlo “cane” davanti agli altri mercanti, disprezza lui e la sua razza. Anche per questo Shylock cova la sua vendetta.

Ma Shakespeare si spinge oltre, riesce a risucchiare i venti di cambiamento che la sua società sta vivendo soffiandoli a pieni polmoni sulla sua opera. Venezia non è più una città romantica, ma è invece il fulcro di un capitalismo arrembante e luogo ideale dove rappresentare le tensioni di quel tempo (vedi Otello). In un perfetto dualismo, Belmonte è invece luogo di bellezza, idillio e amore.

Questi venti presto soffieranno anche nella ideale Belmonte, portando il denaro al centro di tutto. Tanto che alla fine anche i dialoghi amorosi sono pervasi da richiami a beni materiali.

 

 E il giovane Tedesco, il nipote del Duca di Sassonia, vi piace?
 Molto poco la mattina, quando è in se, assai meno il pomeriggio
quando ha bevuto. Quand’è nel suo meglio è un po’ peggio d’un uomo; nel suo peggio
è poco superiore ad una bestia. 

Quest’ epoca di cambiamento è stata tradotta dalla regista Loredana Scaramella per il Silvano Toti Globe Theatre in un’ambientazione in pieno stile Belle Epoque, che ben si presta soprattutto all’interpretazione di Porzia (Sara Putignano) la quale, se nel testo già si traveste per divertimento e necessità, qui si trasforma in una attrice fin de siècle, tra tanghi improvvisati con il pretendente principe di Aragona e musiche sensuali tutte dal vivo del Trio William Kemp; in un cabaret che si contrappone alla obbligata castità voluta dal defunto padre.

Alla fine Antonio verrà salvato appunto da Porzia e dalla sua ancella Nerissa, che travestite da avvocati riescono a far emanare una sentenza durissima per Shylock.

Carlo Ragone è l’usuraio Shylock che, in un ruolo splendidamente sofferto, ha gettato la sua ombra severa e drammatica sull’intera vicenda. E come non citare l’esilarante interpretazione di Federico Tolardo (Lancillotto) che con una mimica coinvolgente e movenze da saltimbanco strappa ben più di una risata.

 

Un giudeo non ha mani, organi, membra,
sensi, affetti, passioni, non s’alimenta dello stesso cibo,
non si ferisce con le stesse armi, non è soggetto agli stessi malanni,
curato con le stesse medicine,estate e inverno non
son caldi e freddi per un giudeo come per un cristiano?
Se ci pungete, non sanguiniamo? Non moriamo se voi ci avvelenate?
Dunque, se ci offendete e maltrattate, non dovremmo pensare a vendicarci?

Il Mercante di Venezia è una tragicommedia con un finale amaro e disilluso, dopo questi eventi tutto l’idealismo è contaminato dagli sconvolgimenti sociali. L’inquietudine in Shakespeare dilaga fino ad arrivare successivamente alla secca sentenza nelle parole di Hamlet: “Time is out of Joint”, il mondo è fuori dai cardini, scritta che campeggia anche sulla vicina scalinata della Galleria Nazionale d’Arte Moderna sempre a Villa Broghese.

  

 

vervemagazine

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