Nel solco della più sfolgorante tradizione ballettistica, la compagnia balletto di San Pietroburgo ha portato sulla scena del teatro Biondo di Palermo l’intramontabile “Il Lago dei Cigni”.
Il Lago dei Cigni, celeberrimo e amatissimo titolo del repertorio ballettistico, ha riempito del suo intramontabile aulico fascino il palcoscenico del Teatro Biondo di Palermo.
A vivificarlo sulla scena la compagnia Balletto di San Pietroburgo Classical Tradition. Nell’amore incondizionato, per una indiscussa pietra miliare della patria cultura, il Balletto di San Pietroburgo ha offerto uno spettacolo fulgido e fiero.
Le coreografie di Tatiana Linnik palesano un rigoroso sviluppo filologico degli schemi e dei virtuosismi, firmati nel 1895 dai grandi geni della danza imperiale russa Marius Petipa e Lev Ivanov.
La bellezza coloratissima e grandiosa di scenografie luci e elaborati costumi (rispettivamente di Gurenko, Triglia, Kulichenko) ha incorniciato degnamente l’intero balletto valorizzandolo al massimo.
Questo Il Lago dei Cigni si è fregiato della bellezza orientale e del talento della prima ballerina Naotsuka Miho.
Già prima ballerina del Teatro Mikhailovsky di San Pietroburgo e solista del Balletto di Tokyo, la Miho può essere considerata una vera e propria star del balletto. La sua presenza, affascinante e sempre sorprendente, è stata riservata dalla compagnia a sole tre tappe del tour, tra cui Palermo. Un vero onore per la nostra città!
La Miho, nel ruolo della principessa cigno bianco Odette, ha danzato con coinvolgente tenerezza tintillante per tutto il secondo quadro del I atto. L’interpretazione ha ricordato una fanciulla innocente. La fisicità della Naotsuka, non eccessivamente esile ma piuttosto tonica, è sembrata coadiuvarla nella perfetta tenuta del corpo in ogni sua evoluzione danzata. La si è ammirata, morbida e languida, nei grand cambré tra le braccia del principe durante il gran pas de deux. Tuttavia l’abbandonarsi tra le braccia di lui non è mai sfuggito al controllo certosino delle di lei forze ed equilibri.
La migliore performance della Miho si è però avuta nel ruolo terribile e memorabile di Odile il cigno nero. In questa circostanza la ballerina ha mostrato una musicalità pronunciatissima, riversata su una tecnica ampia e scattante sostenuta da una muscolatura poderosa e nervosa. Applauditissima nei suoi vorticosi 24 fouetté cadenzati, ogni gruppo di 6, da una doppia pirouette. Il tutto senza “viaggiare” lungo il palcoscenico, ma mantenendo la posizione centrale di preparazione ed esecuzione.
Nel ruolo del principe Siegfried il Primo ballerino del Balletto dell’Opera di Kiev Olshanski Stanislav.
Imponente profilo greco e figura longilinea, Olshanski ha mostrato ottime doti da porteur. Muscolare e saldo nelle prese più statiche previste dalla coreografia. A livello di tecnica lo si è apprezzato maggiormente nei cabriole e in tutte quelle forme di salto dall’estetica verticale, piuttosto che nelle esecuzioni in manège. D’impeto romantico nei confronti della collega ballerina. Si è mostrato oltremodo cavalleresco e gentile con i coprotagonisti al momento delle due chiamate alla ribalta a sipario chiuso.
Di altissimo livello l’intera performance del danzatore Borisov Vladislav nei panni del Giullare. Simpatico e ilare nell’interpretazione del suo personaggio sempre sui generis, Borisov ha sciorinato una infinita e ardita serie di salti. Potente nell’elevazione e fulmineo nell’esecuzione, ha strappato al pubblico parecchie ovazioni per i suoi anelli e le spaccate frontali aeree, nonché per le revoltade nette.
La compagnia intera è giovane, agile e capace. Danzatori e danzatrici convincono risolutamente nelle danze di carattere (ungherese, italiana, cosacca e spagnola) che caratterizzano il primo quadro del II atto.
Ottima l’esecuzione del galante terzetto accademico (Repetieva, Kuts, Imankulov) al primo quadro del I atto. Per quello che concerne i quadri en blanc, le ballerine cigno seppur coordinate e flessuose come si conviene hanno peccato alle volte in quanto a leggiadria. Si è avvertito, infatti, un eccessivo scalpiccio di scarpette da punta; solitamente ben accetto in ogni balletto quale peculiarità propria a quest’arte, nel caso in essere è parso sin troppo accentuato se non addirittura rumoroso.
Per il gran finale la compagnia preferisce, all’originale drammatica morte finale dei due protagonisti sconfitti dal male, un lieto fine a suo tempo prediletto nell’Ex Unione Sovietica.
In questa versione de Il Lago dei Cigni dunque l’amore di Odette e Siegfried, benché beffato e ostacolato, supera il male e lo vince. Il principe Siegfried battendosi contro il temibile mago Rothbart (l’altero ed espressivo Evgenii Svetlista), stacca lui una delle ali fatate. Lo lascia, dunque, contorcere nel progressivo svanire del suo potere malefico. Odette, che sembrava spirata nelle sembianze di un cigno, si rianima nuovamente come fanciulla.
La resa coreutica è, invero, decisamente oleografica, a tratti fumettistica. E’ la trappola del lieto fine. Fortunatamente a spingere la catarsi operano in simbiosi la musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij e la Miho che svela, all’improvviso e con spiccata soavità, la sua vena più lirica.