L’anima nobile della dolce contadinella Giselle appare e dispare in una fresca serata palermitana, tra i cipressi che incorniciano il teatro palermitano di Verdura. A rievocarla, dalle brume del balletto romantico di metà ottocento, la magnifica étolie scaligera Svetlana Zakharova. Il corpo di ballo del teatro Massimo, dal canto suo, regala al pubblico una performance sognante all’altezza delle aspettative.
Un vento fresco s’insinua, impetuoso, nella cava d’orchestra del Teatro di Verdura. Rimbomba tra i microfoni d’amplificazione sulle note celebri di Adolphe Charles Adam. Vortica sul palcoscenico, carezzando la bellezza sempiterna e fuggevole di Giselle. Così Madre Natura decide di prender parte alla messa in scena di un grande balletto, autentico capolavoro immateriale dell’umanità.
E il fascino di Giselle si perde nell’infinito. Si fa ancor più misterioso, benché continui a creare suspense e travolgenti emozioni.
Pensarlo come un incanto che si perpetui tra oceani e continenti, sin dal 1841, non è errato. Perché, ad oggi, Giselle è ancora una protagonista del nostro mondo. Pudica e innamorata, vittima e salvatrice. “Dolce fanciulla della Renania, danza ancora per noi”. E Giselle torna alla ribalta nel 2017 riempendo il teatro ed i cuori del pubblico.
L’argomento, opera del famoso critico di balletto Théophile Gautier, è noto. Un amore lieve e tenero tra due giovani è tradito da una bugia di lui, e piomba lei nel delirio e tra le braccia della morte. Mentre l’aldilà si empie di creature malvagie e vendicative, seppur di bianco vestite, quello stesso amore tradito si sublima in poetico perdono. L’anima di lei salva la vita di lui da un impietoso oblio.
La coreografia è una ripresa integrale dall’originale di Perrot e Coralli, a firma del maestro cubano Ricardo Nuñez. Sapienti aggiunte, limature e sostanziali reimpostazioni stilistico coreutiche son state apportate dalla ballerina e coreografa Patrizia Manieri. Ne risulta un balletto alquanto corposo nelle danze d’ensemble, minimale e chic negli assoli e nei pas de deux.
Il corpo di ballo del teatro Massimo esalta il I atto. Tra manierismi e gruppi di carattere in allegro, danzatori e danzatrici mostrano affiatamento artistico e le loro membra si fanno esecuzione compatta ed eloquente.
Nel II atto un nutrito gruppo di ballerine si confronta con il magnifico ma insidioso ballet blanc delle Villi. Si punta alla sincronia, strenuamente. Purtroppo, la tempra sinuosa degli adagi e determinate pose estenuanti sembrano minare la resa finale dell’esecuzione. Si nota un arabesque calante in prima linea, una posizione perduta anzitempo nelle retrovie, una quinta dei piedi approssimativa, un fuori tempo. Margini d’errore minimi, che colpiscono solo un occhio puntiglioso. Un non nulla se pensiamo a l’immagine ultima, che va ad incidersi nella memoria del pubblico: le Villi schierate in fila indiana lungo tutto il palcoscenico che si voltano e con le braccia tese, su tempo di canone, indicano con disgusto i tre protagonisti Giselle, Albrecht e Hilarion.
L’orchestrazione ad opera del direttore Ucraino Aleksej Baklan, svela sfumature tintinnii e sfarfallii, spesso sommersi, della partitura. Calca la mano sui forti facendoli diventare quasi dei maestosi e dilata alcuni tempi rendendoli oltremodo spettacolari.
A coronarsi della musica, sua maestà la danza. Movimenti puri e accademici, gesti mimici nella loro evanescente poesia, che s’involano oltre gli schemi e i disegni della coreografia.
Stella luminosa in un cielo terso e blu notte, l’étoile Svetlana Zakharova. L’artista propone una Giselle personalissima ed evidentemente interiorizzata. Virginale e spensierata sulla romantica apertura del I atto. Fin troppo compita e placida nella celebre prima variazione (quella su musica di Minkus). Pur con il suo renversé attitude vertiginoso, che sembra voler avvolgere la gamba intorno al suo collo di cigno. E conclusa, nell’impegnativa diagonale di petit ronds de jambe en pointe, con virtuosa splendente nonchalance neanche fosse una passeggiata sul lungomare.
Stralunata, spaurita ed incredula nella scena che la vede tra il delirio e la morte. Occhi sgranati ed un corpo rigido che con un sussulto, simile ad un infarto fulminante, cede all’oblio.
Nel secondo atto, la ritrosia della fanciulla fa largo all’imponenza statuaria di un fantasma errabondo. Al risveglio dalla tomba Giselle spinge sul salto in assemblé e si erge potente in aria. Si ingigantisce anche quando è piegata (letteralmente, busto flesso e braccia incrociate davanti il seno) dalla forza malefica delle Villi. Vola in una serie eterea ed energica di entrechat. Domina le altre figure in scena, siano esse femminili o maschili (negli allongé in lift, con la sua figura maestosa fa svanire il partner Rodkin). Colma spazi e distanze con i suoi enormi e saettanti grand jeté écarte, gli arabesque coriacei a 60° nonché dèveloppée e penché portentosi dalle linee iperboliche. Nella scena dell’addio all’amato Albrecht, si illanguidisce lirica e trascolora tra le atmosfere opaline dei riflettori.
La Zakharova si impegna a far conoscere la sua arte e le sue enormi doti naturali, le rende risolutamente teatrali e infine si lascia amare.
Nell’economia del balletto funziona molto bene il giovane Primo ballerino russo Denis Rodkin. Con la sua bellezza algida e allo stesso tempo sublime, Rodkin costruisce il ruolo del conte Albrecht nei termini di un adolescente capriccioso nel I atto, cosciente di cosa sia l’amore solo nel II atto. Fisico slanciato, l’artista sfoggia un salto potente ma setoso nell’evoluzione aerea. Lo si potrebbe indicare come l’esperto massimo del cabriole e del brisé. Meno incisivo nelle pirouette; resta vittima dell’umidità scivolando in chiusura di un tour en l’air, trovandosi costretto ad atterrare ginocchioni e poggiare una mano in terra prima di comporsi nella posizione drammaturgica corretta. Scevro di difetti, affidabile ed elegante, nella mansione necessaria e di grande effetto del porter.
Un’ultima annotazione va rivolta ai danzatori del teatro Massimo eletti, in questa occasione, a ricoprire ruoli da primi ballerini e caratteristi. Il bruno e avvenente Riccardo Riccio ha le physique du rôle per interpretare il cacciatore Hilarion (l’amante respinto di Giselle). Danzatore vigoroso e magnetico, Riccio fa clamore della prepotenza gelosa del suo personaggio nella mimica del I atto. Salvo poi soccombere alle Villi, mantenendo comunque un grandioso impeto nelle coincise frasi danzate del II atto.
Ottima Myrtha, regina delle Villi, nell’interpretazione della ballerina palermitana Maria Chiara Grisafi. Altera ed evanescente come richiesto dal ruolo, sfoggia una tecnica precisa e convincente. La si analizza nel coreutico calibrato del moderato e nel crescendo dell’allegro, durante la prima apparizione di Myrtha nel II atto. Esame superato a pieni voti! Della Grisafi colpiscono le mani nivee che si sfiorano tra loro lievi come ali fatate, quando le braccia sono in terza posizione come una corona sulla sua testa.
Il pas de deux dei contadini nel I atto, diventa per Nuñez e la Manieri un ben più scenografico pas de quatre.
Abbiamo, dunque, due coppie di ballerini: Alessandro Cascioli e Yuriko Nishihara, Michele Morelli e Marta Marigliani. Perfetti Cascioli e Morelli, elastici guizzanti e ardenti nella danza. Cascioli molto espressivo, Morelli spesso imperturbabile, per ciò che concerne la mimica. Sempre pimpante, agile, radiosa e trotterellante la Nishihara. Altalenante la performance della Marigliani, compromessa da una singolare propensione all’obliquità nella postura, che ne appesantiva la figura.
Alla ballerina Elisa Arnone questa volta è toccato un ruolo puramente attoriale ma delicatissimo, quello di Berthe madre di Giselle. Tra le braccia dell’Arnone durante la scena della pazzia, la Zackharova prendendo la rincorsa si tuffa in ben due occasioni. Concitati momenti di dramma, che necessitano però del giusto equilibrio di forze tra i due corpi.
Giselle replicherà, presso il teatro di Verdura, martedì 18 luglio 2017 alle ore 21:30 e mercoledì 19 luglio 2017 alle ore 21:30. Per acquistare i biglietti, clicca qui.