Al debutto palermitano, presso la sala Strehler del Teatro Biondo, Geppetto e Geppetto. Si tratta della corposa drammaturgia originale, firmata da Tindaro Granata, che sulla scena delinea uno spettacolo perfetto.
Istruttivo e liberatorio, edificante ma privo di qualsivoglia retorica. Composito e mai di parte. Questo è Geppetto e Geppetto, il piccolo grande capolavoro firmato da Tindaro Granata.
Toni e Luca sono un’innamoratissima coppia gay. Geppetto e Geppetto appunto, proprio come nel celebre Pinocchio di Collodi. Uomini energici, professionisti di successo (il primo veterinario, il secondo falegname e imprenditore nel settore), affettuosi padri potenziali. Due esseri umani luminosi, ridotti al limbo di un desiderio di paternità irrealizzato. In realtà, una chance per loro esiste ed è Tony a presentarla a Luca. Un figlio, il loro bambino, sarà il risultato di un prodigio della scienza, e nascerà percorrendo il sentiero etico della ragione. La maternità surrogata, la fecondazione in vitro presso una clinica in Canada.
La drammaturgia di Granata s’imperna su questa delicata e controversa tematica. L’embrione del confronto lo forniscono proprio Toni e Luca, nel momento in cui il loro sogno condiviso oscilla tra il pensiero positivista del primo e il pragmatismo nichilista del secondo.
A fecondazione avvenuta, il dibattito inevitabilmente si sposta sulle opinioni e le perplessità, le comprensioni e le dolcezze, gli stereotipi, la tolleranza, l’intolleranza e la disinformazione concernenti l’inconsueto nucleo familiare in formazione. Tali considerazioni addizionate alla pieçe, in negativo come in positivo, si basano sugli “appunti” del pensare e sentir comune.
Si tratta dei resoconti minuziosi dell’interloquire di Granata, sull’argomento, con la più variegata compagine umana nei luoghi e nelle situazioni più disparate. L’esplicazione di un tale sfaccettato compendio di reazioni, ritrosie, azioni e sentimenti è affidato nella drammaturgia alla coralità dei personaggi (amici, parenti e conoscenti) gravitanti intorno alla coppia e al figlio, chiamato Matteo.
Matteo è un bambino sereno, allegro e amato. Egli però non riesce ad intuire per quale ragione sua nonna non voglia stargli vicino, frequentarlo. Matteo vive in un ambiente familiare che comprende appieno, ma che si trova spesso costretto a spiegare, narrare, giustificare. Matteo è un bambino acuto e tenace. E quando s’intristisce la colpa è della gente intorno a lui, miseramente incapace di afferrare situazioni semplici.
Ma la vita può incupirsi, perdere d’armonia. Fagocitare la gioia e la vitalità, sferzandoci con i suoi dolori. La morte prematura di Toni lascia a Matteo un vuoto incolmabile, affettivo e biologico. La mesta delegittimazione giuridica dello status di tutore inflitta a Luca dalla legge italiana, spinge Matteo a considerarlo un debole, un egoista, un mostro.
E’ il teatro civile che si evolve e trasforma, sfociando nell’estro della favola e della poesia, lasciandosi trascinare nel vortice concitato del dramma borghese se non della tragedia classica. Si presta al divertissement della commedia e della farsa, ampliandosi, di quando in quando, con elementi psicoanalitici che sorprendono ma non pacificano.
La regia, di conseguenza, seguendo i movimenti del testo costruisce un vivace labirinto -in entrate, uscite, doppi sensi e strade interrotte- di interazioni sceniche e modalità recitative (dalla commedia dell’arte ai soliloqui da melodramma), differenti ma sempre efficaci.
L’intero cast è valentissimo. Sulla scena oltre a Tindaro Granata nel ruolo di Luca, troviamo Paolo Li Volsi come Toni, Alessia Bellotto l’amica Franca, Angelo Di Genio come Matteo, Roberta Rosignoli la madre di Toni, Carlo Guasconi come Walter amico di Matteo e Lucia Rea nel doppio ruolo della maestra bacchettona di Matteo e di Lucia la dolce figlia di Franca.
I personaggi descritti sono vividi, coinvolgenti e sinceri, nell’immedesimazione cosciente che gli attori operano. Perché anche l’interpretazione deve poter assurgere a strumento liberale di divulgazione e catalizzatore fertile di riflessioni personalissime.
“Se ci sarebbe più Amore…” scrive Matteo della sua specialissima e pure normalissima famiglia omogenitoriale, in un tema per la scuola. Resta l’auspicio di un animo impavido, sperdutosi suo malgrado nella nebbia dell’irrisolto. Diviene l’ultimo monito di un cuore che, ritrovato coraggio e umanità, volge gli occhi alla luce. Resta un quesito sulla genitorialità tout court, che non trova risposta univoca incasellabile negli schemi della ragione. Ma può rischiararsi nel bene, nell’amore puro. “Se ci sarebbe più Amore…” ora che Matteo sta per diventare padre, mentre Luca a poco a poco spira.
Geppetto e Geppetto è reduce da numerosi premi e riconoscimenti tra i quali è possibile annoverare: il “Premio Hystrio Twister 2017” e il “Premio Nazionale Franco Enriquez 2017”. Tindaro Granata, inoltre, ha ottenuto il “Premio Ubu 2016” nella sezione “Miglior progetto o Novità drammaturgica”.
Uno spettacolo unico nel suo genere, gradevole e potente, a dir poco prezioso. Un piacere raro nel panorama della prosa contemporanea. E ci si stupisce che il Teatro Biondo non lo abbia ingaggiato per un periodo di tempo più lungo, di fatto dal 15 al 19 novembre per sole 5 repliche.
Il successo di botteghino però, son certo non mancherà; già la Prima vedeva la piccola sala Strehler gremita di pubblico. Graditissima e insperata la presenza di un nutrito gruppo di bambini e adolescenti, accompagnati da adulti mossi da intelligenza e sensibilità. Grandi e sentiti applausi, risa e commozione autentica hanno sorretto e commentato la rappresentazione.