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Gassmann regista de “Il premio”. La recensione di Verve

Gruppo di famiglia in un abitacolo per il secondo, curioso lungometraggio dietro la macchina da presa di Alessandro Gassmann, Il premio. Bel cast.

Italia/Danimarca, 2017  di Alessandro Gassmann con Gigi Proietti, Alessandro Gassmann, Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Matilda De Angelis, Marco Zitelli, Erica Blanc, Andrea Jonasson

gassmann il premio

Per l’opera seconda (dopo l’aspro e semi-teatrale Razzabastarda) Gassmann gioca sul sicuro, o quasi. Restando ancora co-protagonista (in uno script redatto con Walter Lupo e Massimiliano Bruno), propone un normale road movie – con un anziano scrittore dalla vita “spericolata” che va in auto (teme l’aereo) da Roma a Stoccolma per ritirare il Nobel in compagnia dell’infortunato segretario e, inopinatamente, di due (dei suoi) figli, uno indebitato e ai ferri corti con la moglie, l’altra (la versatile Foglietta) responsabile d’un frivolo blog – in cui campeggia una famiglia variegata come lo è la sua (e in tal senso il gaudente e poliglotta personaggio di Proietti, ammirevolmente contenuto, non può non ricordare papà Vittorio).

Fra tappe internazionali e imprevisti, il gruppetto ritrova vecchie fiamme (le gloriose Blanc e Jonasson) e il figlio/nipote musicista che lavora in Danimarca (Zitelli, che ha anche composto il soundtrack) con una giovane cantante (la sempre bella e brava De Angelis). Ricordi e inquietanti propositi oliano una storia che scivola su binari classici; ciononostante, spiccano trovate bizzarre (come la parentesi con il doganiere ex-campione di lotta greco-romana o la funzione del servile, adorante, infastidito “valletto” Papaleo) che sotto certi aspetti sembrano abbassare il livello generale, in realtà vivacizzano un andamento altrimenti non troppo brillante.

Insomma, delle irregolarità preziose, e avercene è già un buon traguardo. Colpisce la predilezione per le inquadrature bucoliche: ulteriore ricercatezza.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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