Per la prima volta sul palcoscenico del teatro Massimo di Palermo l’Opéra-comique in francese che narra di un temuto brigante italiano, Fra Diavolo.
La si trova inserita nel cartellone lirico del teatro Massimo solo nel 1989, ma le recite si tengono tutte presso il teatro Politeama (sostituto ufficiale del Massimo, all’epoca chiuso nella nefanda influenza di Cosa Nostra). Prima ancora ne si annovera la messa in scena nel 1911, presso il teatro Biondo grazie alla compagnia di Giuseppe Borboni.
Fra Diavolo, lo si direbbe quello “tra palco e realtà”, parafrasando il rocker Luciano Ligabue. Si chiamava Michele Pezza e, tra la fine del 700 e inizio 800, fu accanito avventuriero e guerrigliero sanfedista nel Regno delle Due Sicilie, nonché feroce e sanguinario bandito nel Lazio.
Soprannominato Fra Diavolo, costui entrò di diritto tra le leggende del folclore popolare dell’Italia meridionale. E giunse a catturare, da protagonista, l’estro creativo del commediografo Eugène Scribe e dell’amico compositore Daniel-François-Esprit Auber.
I due artisti, si badi bene, modellarono la figura dell’impietoso brigante a loro piacimento. Ne forgiarono l’immagine di un ladro astuto ma gentiluomo, malvagio ma eroico, subdolo e seduttore. Qualcosa che potesse accendere e coinvolgere le fantasie muliebri da salotto.
Il risultato fu Fra Diavolo opera comica, leggera e disimpegnata rappresentata per la prima volta nel 1830, presso la sala Ventadour dell’Opéra Comique di Parigi. Un successo vero e unanime. Basti pensare che fu nei teatri di Parigi ogni anno, ininterrottamente dal 1830 al 1907.
Fra Diavolo è un’opera semplice e vivace, che narra di avventure umane, spaventose, divertenti e di immediata comprensione.
E’ definita erroneamente minore, e raramente si trova inserita nella programmazione d’un grande teatro lirico. Vittima del pregiudizio di genere (sull’aggettivo “comico” i melomani solitamente storcono il naso) che spesso sfocia in un ascolto distratto e in un’accoglienza fredda. Quest’opera in realtà merita riguardo per il suo piacevolissimo carattere, nonché per i suoi sagaci pregi artistici.
All’uopo, è un opera dalla brillante e trottante coralità musicale. Tra le note del Fra Diavolo, nei meandri della sua partitura, par che il Donizetti marziale de “La fille du regiment” svirgoli nella possanza sinfonica di un orecchiabile Beethoven in divenire. Un singolare connubio questo, che il direttore americano Jonathan Stockhammer rintraccia e sviluppa con l’assenso conscio di orchestra, artisti del coro e solisti.
A dar il giusto risalto alla bellezza differente ed inconsueta di Fra Diavolo il regista sperimentatore per antonomasia Giorgio Barberio Corsetti.
Barberio Corsetti si diverte a maneggiare ricalcare e innovare la frizzante opera-comique di Scribe e Auber. Il suo lavoro di regia tende a svincolarsi da condizionamenti e archetipi culturali. Li lascia alle spalle, per costruire qualcosa di inaspettato e gradevole.
Si potrebbe parlare di una regia di colore, con le video proiezioni che affidano antefatti, emotività, personalismi e moniti alle morfologie trascinanti e puntuali del fumetto e del cartone animato. E’ sicuramente una regia multi scenica, con l’albergo del signor Matheò -solido prodigio della stampante in 3D- casa di Barbie a misura d’uomo, con i ballatoi, il prospetto e gli ambienti interni rigorosamente a vista, luogo di infinite azioni.
Una regia che si addensa d’atmosfere che vanno dal grande musical in stile Brodway al Burlesque francese, dal cinema italiano degli anni 50 (Pane amore e… docet) alle feste e la vita di paese. Una regia d’aggiunzione diegetica, che amplifica la credibilità di musica e libretto.
Il cast esibitosi in occasione della Prima recita di questo Fra Diavolo ha vantato nei ruoli principali una schiera di talenti siciliani. Nel ruolo del brigante gentiluomo del titolo si è esibito il tenore messinese Antonino Siragusa.
Timbrica tenorile squillante e acuta, più che roboante. Siragusa palesa una verve recitativa spiccatissima. Con il “Diavolo Diavolo Diavolo” nella canzonetta al primo atto, intonata da Zerline e da lui ripresa, spinge verso la piena immedesimazione col suo personaggio.
Antonino Siragusa dà prova di come, al giorno d’oggi, un tenore debba saper intrattenere un pubblico e non semplicemente eseguire una partitura. Nella serenata al II atto “On chante jour et nuit à travers l’Italie” rivela la sua vena gentile da cantante di musica leggera. Nella spavalda aria che apre il terzo atto “je vous marcher sous mes bannières” –caratterizzata per i repentini cambiamenti di tempo e registro, dal poderoso al falsetto- il nostro si fregia di una mimica ora baldanzosa ora farsesca supportata da una piena e duttile vocalità. Nell’occasione di questo pezzo di bravura, per lui non sono mancati generosi applausi.
La voce di Siragusa è risultata ben amalgamata, in suoni e significato drammaturgico, alle voci dei comprimari sulla scena. Lucida e puntuta nel terzetto al I atto ove svetta e corona, col suo “tralalalala” le voci dei suoi scagnozzi Beppo e Giacomo (il romano Paolo Orecchia e l’iriense Giorgio Trucco) armonico tappeto baritonale di sottofondo.
La voluttuosa Zerline, figlia dell’albergatore Mathèo, rivive nelle membra floride e candide della soprano palermitana Desirée Rancatore.
Personaggio femminile principale, Zerline è una fanciullina compita ma maliarda, eterea ma allo stesso tempo volitiva. La nostra Rancatore l’incarna alla perfezione. La vocalità aperta e gorgheggiante della nostra Star tuttavia sembra non stare granché comoda nel ruolo frenato, leggero, sospirato che è proprio di Zerline. Il primo atto ci restituisce una Rancatore strana, come turbata, che stona (con lampante profondo dissenso) in chiusura della celebre aria “Pour toi je tremble”. A seguire la situazione migliora, la voce si riscalda, la tensione evapora, e il pubblico ha modo di apprezzare e applaudire la Rancatore in armonie e intonazioni flautate e più soffici.
Stessa sorte tocca al tenore palermitano Giorgio Misseri, nel ruolo di Lorenzo carabiniere innamorato di Zerline, nel primo atto pericolosamente basso, a stento udibile. Misseri recupera, in impeto vocale, al II atto inserendosi in quel quintetto colorato e pastoso che lo chiude. Con la sua avvenenza bruna e avviluppato nel fascino della divisa, trova il giusto sfogo canoro nella melanconica romanza del III atto “Pour toujours, pour toujours”. La voce di Misseri si fa imponente reggendo alla perfezione i melismi che costringono la spinta dei fiati a bruschi arresti. Scatta meritatissimo l’applauso.
Di grande presa sul pubblico le figure dei blasonati coniugi Inglesi in viaggio Lady Pamela e Lord Cockburn. Rispettivamente la mezzo soprano palermitana Chiara Amarù e il baritono nisseno Marco Filippo Romano.
La timbrica chiara, agile (nelle scale a discendere), carezzevole e brillante dell’Amarù si adagia magnificamente sul ruolo di moglie devota e sbarazzina. Buffo nell’ingenuità convinta e gongolante di Lord Cockburn, Romano canta con rotondo fraseggio baritonale. Trasporta, inoltre, il pubblico tra le sorprese e traversie dei suoi viaggi, con la lunga aria “le but de ce premier voyage” a bordo di una mongolfiera che si fora e viene giù.
In quest’Opera il regista Barberio Corsetti ha dato spazio anche alla danza. Una delegazione di 9 danzatori del Corpo di Ballo del Massimo, 4 donne e 5 uomini, si è esibita su coreografie di Roberto Zappalà. Numeri di balletto via via spassosi, esplosivi, solenni e raffinati, integrati nella loro forza propulsiva agli stessi membri del coro come fossero danze di gruppo. La danza usata come ulteriore mezzo scenico d’esplicazione narrativa. Tra i corifei in scena si è distinto il ballerino Gaetano La Mantia, serio, sinuoso concentrico promesso sposo di Zerline, da lei respinto e perciò in disequilibrio obliquo sulla schiena.
La prima di Fra Diavolo è andata in scena il 21 Marzo 2018, repliche previste 22, 23, 24, 25, 27. Fotografie di Rosellina Garbo.